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Le opere di César Manrique per scoprire la bellezza di Lanzarote

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Per chi ama la pittura spagnola è quasi irrinuncia­bile visitare la casa natale del proprio artista preferito, per carpirne le atmosfere, conoscere gli spazi e condivider­e le emozioni dei paesaggi che quotidiana­mente si offrivano ai suoi occhi. In questo speciale connubio fra Turismo e Arte, la Spagna è di fatto all’avanguardi­a, con tour specifici verso Portlligat, vicino a Girona, dove c’è la piccola casa di pescatori, oggi trasformat­a nel Museo Salvador Dalí, in cui il maestro visse e lavorò per oltre 50 anni. Oppure a Malaga per esplorare l'edificio al numero 15 di Plaza de la Merced, nel quale Pablo Picasso nacque nel 1881 e che oggi ospita l’omonima Fondazione. Sono anche in molti a percorrere i 44 chilometri che da Saragozza conducono a a Fuendetodo­s, per vedere la modesta e austera casa contadina, composta da un ingresso, stalla e cucina, dove nacque Francisco de Goya. Nessuno di questi immortali artisti, però, ha l’onore di avere dedicata un’intera isola, cosa toccata a invece al meno conosciuto César Manrique. A Lanzarote, nell’arcipelago delle Canarie, centinaia di migliaia di turisti annualment­e arrivano per apprezzare l’influenza che il la- voro di questo artista poliedrico: scultore, pittore, architetto, scrittore, ambientali­sta, ha avuto sull’assetto urbano, ambientale e sociale. Nato nel 1919 e morto nel 1992, l’attività di Manrique è andata ben oltre la storia dell’arte, tant’è che nel 1978 gli fu assegnato a Berlino il Premio Mondiale per l’ecologia e Turismo. Qualche critico lo considera uno dei maggiori esponenti della land art, per la progettazi­one dei suoi famosi giardini; per la sua capacità di utilizzare la lava vulcanica, solidifica­ta nel XVIII secolo, e trasformar­la in monumenti naturali; oppure nel riciclare le carcasse di metallo portate a riva dalla corrente dell’oceano e costruirci un monumento alto 15 metri, raffiguran­te “Il contadino di Lanzarote”, che testimonia la tenacia necessaria per coltivare la terra in un contesto così poco favorevole. Chi decide di seguirne le orme artistiche, in un interessan­te tour dell’isola, si accorgerà che il suo progetto urbanistic­o per Lanzarote era quello di farlo diventare uno dei posti più belli del pianeta. La sua creatività era infatti finalizzat­a a evitare che il territorio dell’isola fosse abusato e andasse incontro a una cementific­azione selvaggia, tanto che a tutt’oggi a Lanza-

rote non è consentito costruire edifici oltre una certa altezza e la costa è rimasta immune da lottizzazi­oni edilizie. Oggi sembra un’isola modellata da un artista che fu pioniere dell’ecologismo, dotato di una straordina­ria visione della relazione tra natura e uomo. Manrique usava la sua isola come una tela su cui plasmare le proprie idee artistiche e di difesa dei valori ambientali. Belvederi, giardini, interventi sulla costa, centri culturali, la lista è lunga e travolge con la sua originalit­à e modernità senza tempo. La sua arte si ammira in luoghi e opere che portano la sua firma e che possono non solo essere visitate ma anche vissute in prima persona. Da non mancare a Guatiza, nel nord dell’isola, il Jardín de Cactus, che raccoglie più di 1.400 specie di tutto il mondo; il Mirador del Rio, un edificio che torreggia in cima a una rupe da cui si osserva uno splendido panorama, ma è mimetizzat­o nel territorio in quanto costruito con la roccia vulcanica circostant­e. L’interno avvolge con le sue forme curve, quasi organiche, e l’eccellente uso della luce. La Casa Museo del Campesino, al centro di Lanzarote, la cui architettu­ra e i colori tipici locali, creano una simbiosi fra avanguardi­a e tradizione; il Castello di San José, trasformat­o da fortezza militare in rovina a Museo

di Arte Contempora­nea in cui avanguardi­a e gastronomi­a si gustano ammirando l’inconfondi­bile mare delle Canarie. La Fondazione César Manrique risiede nella casa in cui visse l’artista e dal 1997 ospita un Forum annuale sulla sostenibil­ità e il progresso dell’umanità. L’obiettivo principale è dimostrare che non solo è possibile far convivere l'industria turistica con la difesa del Territorio e della propria cultura, ma, sopratutto è necessario e obbligator­io, per non vivere girando le spalle al futuro. In conclusion­e, se volete conoscere veramente César Manrique, non vi basterà aprire un libro di storia dell’arte, ma dovrete prendere un aereo e venire in quell’isola la cui nostalgia nel 1966 gli fece lasciare New York, e il successo che un collezioni­sta come Nelson Rockfeller gli avrebbe assicurato.

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