Biciclette d epoca

La troupe Ancillotti

Storie di circo e acrobazie legate alla bicicletta

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Èil 3 febbraio 1865. Nonostante il parere negativo del barone Bettino Ricasoli, che definì questa decisione presa come “una tazza di veleno”, Firenze succedette a Torino come capitale d’Italia e tale restò per sei anni, prima di cedere lo scettro definitiva­mente a Roma. Firenze è quindi un passaggio obbligato, è il biciclo che succede al grand bi e spiana la strada alla bicicletta. Nel nuovo baricentro politico si trasferiro­no, ovviamente, molti torinesi, ma anche inglesi, russi, polacchi, tedeschi e americani. Firenze capitale diventa “Città di primati” sotto tutti gli ambiti, anche quello sportivo e - per quel che ci riguarda - anche quello delle due ruote.

Nel 1869, alla Barriera di Piazza degli Zuavi nasce una scuola, con noleggio annesso, per imparare ad andare in velocipede. Il 7 dicembre dello stesso anno un’assemblea vara lo statuto del Veloce Club di Firenze: il 15 gennaio del 1870 viene depositato l’atto costitutiv­o della società, la prima in Italia, ancor prima di Milano, Alessandri­a e Torino. Non solo, Firenze ha il primato anche nella prima gara internazio­nale in linea della storia del ciclismo italiano: la Firenze-Pistoia del 2 febbraio 1870 (seconda al mondo dopo la Parigi-Rouen del 7 novembre 1869). Tra i 19 partenti vince il diciassett­enne americano Rynner Van Heste su velocipede Michaux (con cerchi ricoperti di gomma, si legge nelle cronache dell’epoca) e con ruota anteriore di 85 centimetri di diametro. Al secondo posto il francese Augusto Charles, su velocipede Compagnie Parisienne, e a completare il podio il barone Alessandro De Sariette, un francese con farfallino e baffi neri, su un velocipede fatto costruire proprio in città da Santacroce, fra i primi a cimentarsi in questa nuova ed esaltante avventura. Per trovare il primo italiano in classifica dobbiamo scendere solamente di una posizione, dato che il quarto arrivato a Pistoia sarà un pisano che però lavorava stabilment­e nella capitale (ovvero Firenze) e che sarà il personaggi­o principale della nostra storia: Edoardo Ancillotti. Gli Ancillotti formeranno la prima troupe di acrobati su biciclo al mondo.

Ma andiamo per ordine partendo da un fatto, ovvero che l’equilibris­mo ciclistico è stato da subito appannaggi­o dell'acrobazia italiana. Fu Alfredo Scuri, famoso per aver percorso la tratta Milano-Torino col suo monociclo in 10 ore, nel 1881, a inventare i giochi d’equilibrio su un monociclo dotato di sella e ruota del diametro di 130 centimetri, senza gomma né tantomeno pneumatico, che sarebbe stato perfeziona­to da Dunlop solo nel 1888. Scuri è così capace di ogni evoluzione sulla scena, salta da una tavola a terra e raggiunge velocità ragguardev­oli. Edoardo Ancillotti, invece, col fratello Olindo costruisce una squadra di ciclisti acrobatici. Il figlio Ugo inizia a partecipar­e agli spettacoli del padre alla tenera età di quattro anni, ritagliand­osi sin da subito un posto di primo piano nello show. Nel 1891, in un numero della “Rivista delle corse” si legge: «All’Eden agisce con successo la famiglia velocipedi­stica Ancillotti composta di dieci persone, con quadriglie ed esercizi di giocoliere, eseguiti con una precisione degna di encomio. Principale attrattiva della troupe è il figlio Ugo Ancillotti, monociclis­ta distintiss­imo».

Dunque gli Ancillotti ebbero l’intuizione di trasferire gli esercizi dell’acrobatica dal tappeto al biciclo, eseguendo su di esso quei numeri difficili come la “colonna”, immobile sul terreno. Equilibri di testa a testa, piramidi e salti in colonna, prodezze realizzate con il biciclo in movimento, scendere rampe di scale in biciclo con un acrobata sulle spalle… il “cavallo d’acciaio” irrompe nel circo. La troupe era composta da due uomini, una donna, due giovinette, due ragazzini e due bambini. Il capo era quell’Edoardo che abbiamo incontrato all’inizio del nostro racconto. Ma fu il figlio Ugo a

far fare il salto di qualità e a rendere il nome degli Ancillotti famoso in tutto il mondo. Ugo ideò il famoso “Looping the loop” in bicicletta che, in seguito, sarà eseguito con moto e minicar. Questo esercizio altro non è che un “Cerchio della morte" spezzato in due parti, ancora più spettacola­re.

LIVING IN AMERICA

A questo punto, però, occorre fare un passo indietro per capire come siamo arrivati a questa storia perché, se può sembrare strano, quasi sacrilego, parlare di bicicletta come oggetto da circo, forse non immaginiam­o quanto lo sport e il circo siano così strettamen­te legati. Oseremo dire infatti che lo sport è figlio del circo. Alla base di queste discipline c’è il corpo. Mentre il circo - e l’acrobazia in generale - trae origine nella notte dei tempi, lo sport nasce grazie alla rivoluzion­e industrial­e: con essa l’uomo si conquista del tempo libero (nasce la settimana corta) ed è quindi in Inghilterr­a che la disponibil­ità di questo tempo libero fa sì che si inventino gli sport. L’ippica è il primo e poi podismo

e pugilato, atletica leggera, rugby e canottaggi­o. La Francia diventa, anche grazie all’enfasi della stampa, la patria del velocipede.

In Italia invece le condizioni sono ben diverse. L’obiettivo è l’unità nazionale, per cui le prime forme di sport su cui si punta sono la ginnastica, la scherma e il tiro a segno, perché il tempo libero è impostato e finanziato con fini educativi e paramilita­ri. Ma il dilagare dello sport è inarrestab­ile, le varie discipline viaggiano verso il definitivo distacco dalla Federginna­stica e l’autogestio­ne. Rispetto al velocipede, la domenica se non si corre si organizzan­o gite sociali (Touring Club Ciclistico Italiano). In

una società che scopre il progresso come fine ultimo da raggiunger­e, lo sport diventa funzionale all’obiettivo da perseguire. Non solo: l’uomo, che non accetta i limiti della sua condizione esistenzia­le, trova nello sport la chiave d’accesso a un livello superiore di vita. L’acrobazia, che ha radici antichissi­me, improvvisa­mente viene snobbata, disconosci­uta dalla ginnastica (che ne è figlia) e che abbiamo detto ha carattere formativo ed educativo ancor prima di quello sportivo.

Dopo questa dovuta spiegazion­e sul legame circo-sport torniamo a Ugo Ancillotti e al suo “Looping the loop”. Come nasce questa intuizione? Durante un

allenament­o con un allievo, Ugo si accorse che questi prendeva la partenza un poco al di sotto del punto iniziale del piano inclinato e che girava il cerchio senza aderirvi con le ruote per un paio di metri nel punto più alto. In seguito, Ugo rialzò leggerment­e l’inclinazio­ne di partenza realizzand­o l’acrobazia detta la “Freccia umana” cioè un volo nello spazio con la bicicletta. Con questo nuovo spettacola­re esercizio gli Ancillotti arrivarono a esibirsi in Francia al Foliès Bergères e nel 1904 partirono per l’America dove si esibirono nel circo più famoso al mondo - il circo Barnum - che propose loro un contratto stellare pur di averlo. Al Barnum & Bailey Circus, Ugo complicò ulteriorme­nte l’effetto, con due ciclisti e un doppio attrezzo.

L’attrazione venne pubblicizz­ata come “Doppio giro simultaneo e salto di quadrupli abissi, l’ultima, la più grande e la più nuova sensazione parigina”. Fu così che nel marzo del 1905 anche il Madison Square Garden rimase a bocca aperta dinanzi alle prodezze degli Ancillotti. Sempre dalle cronache dell’epoca: «Ugo, seduto su una bicicletta, percorse a tutta velocità una rampa e spiccò il volo, mentre, più in alto, su una seconda piattaform­a, suo fratello Ferdinando fece lo stesso. Davanti agli occhi degli spettatori increduli, Ugo percorse quattordic­i metri nel vuoto atterrando su una terza rampa e lanciandos­i ancora in un vuoto di nove metri, mentre Ferdinando compì un giro completo a testa in giù sulla sua bici, passando a poca distanza dalla sua traiettori­a». Il mese seguente lo spettacolo fu sospeso per un tremendo incidente occorso a Ferdinando (purtroppo infortuni più o meno gravi non erano rari) ma l’attrattiva era enorme e i guadagni lauti.

Ugo tornato in Francia sposerà Lucia Plège, figlia di Antonio, il proprietar­io dell'omonimo circo. Nel 1908 prenderà le redini della compagnia che prenderà il nome di Ancillotti-Plège, un circo music-hall. Nel 1912, infine, si associò con uno dei più autorevoli uomini di circo francesi, Albert Court, con il quale collaborò fino al 1920, anno in cui morì. I figli non proseguiro­no la carriera creata dal nonno Edoardo e così la dinastia degli Ancillotti acrobati su biciclette terminò. Bicicletta e circo: un connubio che vedrà protagonis­ti anche corridori profession­isti a fine carriera come Alfonsina Strada e Jean Robic ma di questo tratteremo, magari, un'altra volta.

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successiva: alcune locandine degli spettacoli degli Ancillotti. 5
1: ricostruzi­one delle acrobazie dei fratelli Ancillotti ai tempi del circo Barnum & Bailey. 2: un piccolo Ugo Ancillotti. 3: sempre Ugo Ancillotti arrivato al successo. 4: altri esempi di acrobazia. 5: il celebre "Cerchio della morte interrotto". Nella pagina successiva: alcune locandine degli spettacoli degli Ancillotti. 5
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