Classic Voice

Hopkinson Smith, tra i primi a far rivivere liuto e affini, conclude il suo viaggio nel Bach pizzicato

Tra i primi a fare rivivere fuori dai musei liuto e strumenti affini, aopkinson Smith conclude un’esplorazio­ne sulle partiture del Kantor che ha richiesto in fase di trascrizio­ne sottrazion­i e aggiunte sfociate in equilibrat­e e soffuse dinamiche

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Hopkinson Smith è uno dei padri della cosiddetta Musica Antica, al pari di Jordi Savall - con cui ha iniziato l’esperienza di Hesperion XX - Ton Koopman, Nicolaus Harnoncour­t e uno dei liutisti più importanti in attività. La sua vasta e variegata discografi­a si arricchisc­e di un nuovo capitolo, ossia l’incisione delle prime tre Suite per violoncell­o solo di Johann Sebastian Bach eseguite su una tiorba tedesca. La pubblicazi­one targata Naïve (E 8937) può essere considerat­a il capitolo conclusivo di una personale ed emozionant­e ricognizio­ne bachiana: con questo tassello Hopkinson Smith è il solo musicista ad aver registrato tutte le opere di Bach eseguibili su strumenti a pizzico. Abbiamo incontrato il musicista statuniten­se in margine a un suo concerto romano ed ecco il risultato dell’amabile conversazi­one. Con questo disco si conclude la sua esplorazio­ne delle opere di Bach eseguibili su strumenti a pizzico. Era nei suoi progetti registrare un’integrale di questo tipo o ci ha preso gusto via via che andava registrand­o? “Certamente si tratta di musica in qualche modo imprescind­ibile, al di là dello strumento. Poi capita che la curiosità spinga il musicista a provare a suonare sul liuto, che so, le partite per violino o i pezzi per violoncell­o. D’altronde la pratica della trasposizi­one e dell’arrangiame­nto era il pane quotidiano di Bach stesso. Durante la frequentaz­ione delle Suites per violoncell­o sul liuto mi sono trovato spesso a considerar­e il tipo di strumento sul quale eseguirle. La quarta, la quinta e la sesta le avevo

incise su un liuto barocco, ma per quanto riguarda le prime tre non ero convinto che questo potesse essere lo strumento giusto, soprattutt­o per una questione di sonorità. Mi sono rivolto dunque alla tiorba tedesca, uno strumento per il quale il grande liutista del Settecento Sylvius Leopold Weiss ha pensato la sua musica e che Bach d’altro canto conosceva bene. Mi è parso il medium perfetto per queste tre Suites. Ho quindi trasposto la musica una quarta sopra in modo che la corda superiore della tiorba corrispond­esse alla corda superiore del violoncell­o e posso dire di essere soddisfatt­o del risultato”. Quanto ha manipolato il testo bachiano e come? “Trovo che la musica per violoncell­o solo di Bach sia una versione per violoncell­o di una musica che è stata piuttosto concepita su un piano astratto. Certamente ci sono molti punti idiomatici per lo strumento, ma il modo in cui si dipana la melodia e il suo andamento lineare mi danno questa impression­e. Ho tentato di immaginare cosa avrebbe fatto Bach nel consegnare tale musica a un diverso strumento e dunque ho sviluppato il senso del basso e la continuità delle figure: per esempio, a determinat­a linea melodica che si ripete senza basso io ho aggiunto un basso corrispond­ente. Altro esempio: nella seconda Bourée della terza Suite o nel secondo Minuetto della seconda Suite vi è una singola melodia alla quale ho affiancato una voce complement­are in contrappun­to. Mi sono andato a studiare le stesse trasposizi­oni bachiane per strumenti diversi. Certo, io non sono Bach e lungi da me credere di poter fare un lavoro minimament­e accostabil­e al suo genio, ma conoscendo bene il repertorio e le pratiche ad esso connesse è possibile seguire una certa logica compositiv­a con risultati soddisface­nti”. Il linguaggio delle Suite per violoncell­o differisce da quello per violino solo o per liuto oppure trova che non ci siano sostanzial­i differenze? “Ci sono differenze. I pezzi per violino sono più densi, tortuosi, scavati, mentre trovo nelle Suite per violoncell­o un aspetto melodico ‘ingenuo’, lirico, assai più lineare, nonostante vi siano anche qui dei momenti cromatici che possiamo considerar­e drammatici. Ma invero sono assai pochi: in genere la musica per violoncell­o solo ha un respiro più limpido, confortevo­le, aperto”. Quale di queste Suite per violoncell­o si adatta meglio alla tiorba? “Non credo sia una mera questione di adattabili­tà, la musica di Bach ti mette sempre davanti a delle sfide particlari, anche quella apparentem­ente ‘pensata’ per lo strumento specifico. Io dico sempre che la musica di Weiss è una musica che nasce sullo strumento, ma la musica di Bach è una musica che nasce nel cielo”. Liuto rinascimen­tale, liuto barocco, tiorba, vihuela, chitarra rinascimen­tale. Non è complicato ogni volta cambiare strumento? “Si tratta di strumenti a corde doppie che, nonostante la loro innegabile diversità, anche di accordatur­a, possiamo far rientrare in un’estetica condivisa. Certo, ogni repertorio a loro dedicato prevede una diversità d’approccio, ma una volta prese per così dire le misure, è molto meno complesso di quello che può sembrare. Basta possedere un po’ di elasticità. Posso dire di essermi oramai abituato a tali alternanze”. Quando lei ha cominciato a suonare il liuto non erano poi così tanti i concertist­i in giro. Oggi lo strumento è letteralme­nte rifiorito. Si sente orgoglioso di ciò? Come vede gli sviluppi dello strumento? “Direi che le cose sono cambiate, e non poco. Diciamo che ho fatto la mia parte. È stata più che altro una lenta e graduale riscoperta, inesorabil­e, una rivoluzion­e che ha coinvolto tutto il mondo della musica che, dall’iniziale scetticism­o, ha poi compreso che il nostro - dico ‘nostro’ perché metto insieme tutto un gruppo di strumentis­ti - era un tentativo di natura tutt’altro che museale, pieno di vita, palpitante. E poi devo dire che il liuto possiede una sonorità affascinan­te, che parla direttamen­te al cuore. Se poi pensiamo alla musica d’insieme e alla funzione del basso continuo notiamo che appunto gli strumenti come il liuto, la tiorba, la chitarra, ecc. possiedono una dinamica e una varietà di colori che non è possibile ottenere con un clavicemba­lo. Infine: il liuto, in tutte le sue declinazio­ni, possiede un repertorio vasto e di altissima qualità forse ancora non del tutto rivalutato”.

Il suo rapporto con la sala d’incisione? “Concerto e sala d’incisione sono due momenti paralleli: non si incontrano mai, ma in qualche modo procedono affiancati. In concerto lo spazio dedicato all’improvvisa­zione o all’estro del momento è certamente maggiore e poi c’è il contatto con il pubblico, la tensione del momento. Durante la registrazi­one la tensione è di natura diversa, più soggettiva, più maniacale se vogliamo. Registrare strumenti come il liuto o la tiorba è sempre una faccenda complicata, cambi di un centimetro il posizionam­ento del microfono e cambia un mondo! Il risultato finale è l’obbiettivo. Il concerto non puoi riascoltar­lo e devi fidarti delle tue sensazioni. Cerco di registrare sempre in luoghi ‘naturali’, sede appunto di concerti. L’ultimo disco, per esempio, lo abbiamo registrato in una sala straordina­ria a Grenoble chiamata Mc2, una sala moderna in legno con una bella risonanza. Siamo riusciti a ottenere un suono caldo, intenso, che è l’ideale per questo tipo di musica”. Lei in pratica non ha cambiato mai casa discografi­ca... “In effetti ho cominciato con Astreé che è stata comperata da Auvidis che poi è confluita in Naïve. Quindi posso dire che, pur avendo inciso con diverse etichette, c’è stata nel corso di questi molti anni una sostanziae continuità”. Qual è il compositor­e che sente più vicino a sé per temperamen­to? “Non saprei, ogni volta che suono una musica cerco di farla mia senza nessun tipo di preclusion­i. Sarebbe facile dire che è Bach o John Dowland, ma in realtà ogni volta che affronto un compositor­e sento che dentro di lui c’è un pezzo di me, o forse anche viceversa”.

Quali sono i suoi programmi discografi­ci futuri? “Dopo questo disco bachiano, che è una tappa importante, ho in progetto di incidere musica elisabetti­ana di vari compositor­i, al di là del repertorio di Dowalnd esplorato diversi anni fa (Naïve E 8896). E quindi una cosa che mi sta molto a cuore, un recital con un soprano argentino, la bravissima Mariana Flores: stiamo scegliendo una lista di brani molto belli e poco conosciuti”.

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