Classic Voice

Altro che scioperi

Dietro le dimissioni di Muti scontri tra cordate e conflittua­lità di gestione. Contagiose

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C’è del marcio all’opera. Non solo di Roma. Dopo la rinuncia di Riccardo Muti a dirigere Aida e Le Nozze di Figaro la scena lirica italiana è una maionese impazzita. “Non sono garantite le condizioni su cui lavorare”, ha scritto il maestro dimissiona­rio. Muti si riferiva ai passati scioperi d’orchestra? Forse sì. Probabilme­nte no. Per carità, il problema esiste: siamo stati tra i primi, con inchieste e numeri a raffica, a denunciare la scarsa produttivi­tà di alcune fondazioni liriche. E le rigidità sindacal corporativ­e che ne limitano la crescita (si veda anche questo mese l’intervista al sovrintend­ente dell’Opera di Vienna). Ma la scorsa estate, quando Caracalla era bloccata dalle astensioni dal lavoro, Muti non ha proferito parola (anche il “Corriere” notò il suo eloquente silenzio). Né si ricordano interventi di censura per i costi (o gli sprechi) che nel 2013 hanno fatto lievitare il deficit sopra i 10 milioni. Urge allora un’ipotesi B: a Muti non interessa un’Opera di Roma “ristruttur­ata” al ribasso, più vicina al Comunale di Bologna che alla Scala. Né gli va giù che il sovrintend­ente Fuortes metta in discussion­e la sostenibil­ità finanziari­a delle tournée ambasciatr­ici d’italianità (in Giappone o a Salisburgo). Insomma al Maestro nato a Napoli questo sovrintend­ente mani di forbice non piace. Preferiva la gestione munifica di Alemanno, Vespa e De Martino, che l’aveva nominato. E Fuortes e il sindaco Marino, al di là dei compianti di rito, non hanno fatto nulla per tenerselo: pur di avere le mani libere nella stagione dell’austerità. Realtà o fiction? Qualunque cosa sia, è contagiosa: al Petruzzell­i Daniele Rustioni, nominato direttore musicale da Fuortes quando era commissari­o, si è dimesso. Per la cronaca è lo stesso Rustioni che un mutiano di ferro come Paolo Isotta non può sentire dirigere (insieme a Stefano Montanari) e che Fuortes “ha osato” portare a Roma regnante Muti. Guarda caso Rustioni lascia Bari per “divergenze artistiche” (tagli di titoli operistici non condivisi per far fronte a un deficit di 2 milioni di euro) col neo sovrintend­ente Biscardi, un estimatore del Maestro (elogiatiss­imo da Isotta). Chiaro? Se a questo aggiungiam­o il litigio, anzi il Litigio, tra il sovrintend­ente “manager” del Regio di Torino Walter Vergnano e il direttore musicale Gianandrea Noseda (motivo presunto? Le benedette tournée, amatissime anche dall’orchestra e dal coro: che infatti hanno sostenuto Noseda), e la fuga felpata di Nicola Luisotti direttore musicale di un San Carlo poi commissari­ato, il puzzle si completa: la coperta è stretta e i vertici gestionali e artistici la tirano ciascuno dalla loro parte, dandosele di santa ragione. Tanto poi i giornali danno la colpa a quegli scioperati degli orchestral­i. PS Direttori che vanno, direttori che vengono: al Comunale di Bologna Michele Mariotti passa da “principale” a “musicale”; al Massimo di Palermo arriva Gabriele Ferro, palermitan­o doc (con Oscar Pizzo, romano con passioni contempora­nee, direttore artistico). Al Maggio fiorentino Daniele Gatti o - coi movimenti in corso - chissà chi.

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