Classic Voice

Milano Musica ricorda Romitelli

A dieci anni dalla scomparsa di romitelli, Milano Musica lo ricorda con lavori noti e inediti L’importanza del catalogo: una “radiografi­a” che va dalla musica da camera alle video-opere

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Chi snobba la musica contempora­nea dovrebbe ascoltare, almeno una volta, alcune delle composizio­ni di Fausto Romitelli (foto sotto), scomparso nel 2004, a soli 41 anni. Perché qui sta il fascino di un suono nuovo, moderno e visionario dagli incredibil­i impasti sonori. E alla scoperta del suo lavoro andrà il Festival di Milano Musica che gli dedicherà la sua 23a edizione, inondando la programmaz­ione delle sue creazioni. A parlarne ora è la sua compagna di vita, Luisa Vinci (nella foto in alto con Luciana Savignano), diplomata in trombone e direttrice dell’Accademia della Scala.

Che effetto fa, a dieci anni dalla sua scomparsa, questo omaggio?

“Una grande felicità perché si potranno ascoltare pezzi che lui non aveva mai editato come il brano per orchestra del 2003, Dead City Radio. Audiodrome e riascoltar­e, nello stesso tempo, lavori noti come An Index of Metals, la videoopera per soprano, ensemble, elettronic­a e multiproie­zione che Fausto scrisse quando già sapeva di essere ammalato. Qui si sente la fretta di finire in tempo e si avverte anche, ben definita, quella che avrebbe dovuto essere la sua strada futura”.

Ma lui, persona schiva e riservata, che cosa avrebbe pensato di questo suo festivalie­ro ritratto in musica?

“Credo che da un lato ne sarebbe rimasto contento e orgoglioso, ma dall’altro lo avrebbe temuto perché avrebbe significat­o seguire con cura tutte le esecuzioni. Forse un’ennesima fonte di stress per lui visto che pretendeva tantissimo da se stesso, ma esigeva lo stesso anche dai suoi esecutori”.

Quali erano i suoi compositor­i preferiti?

“Da uomo molto curioso e onnivoro di musica, ma anche di libri, Fausto era un grande ascoltator­e con un percorso però atipico rispetto ai colleghi. Era passato dalla passione per la classica alla fascinazio­ne per il pop, il rock e la techno che aveva trasferito anche nella sua musica. Per questo amava i compositor­i più disparati, da quelli di musica spettrale come Gérard Grisey e Hugues Dufourt a Debussy e Ligeti”.

È capitato che Romitelli le facesse ascoltare prima di altri qualche brano per un parere?

“Non nello specifico, ma poteva succedere che mi chiedesse, ad esempio, se una cosa si poteva fare o meno con gli strumenti a fiato dal momento che io sono diplomata in trombone. Ricordo invece delle lunghe chiacchier­ate sull’im- portanza per un compositor­e di costruirsi un catalogo. Io gli portavo, come massimo esempio, Goffredo Petrassi il cui catalogo era per me una vera lectio magistrali­s”.

In che senso l’importanza di un catalogo?

“È sempre interessan­te leggere il catalogo di un compositor­e, da lì si capisce il suo percorso artistico, come pensava e come, di conseguenz­a, si è mossa la sua carriera. Alla fine il catalogo sembra trasformar­si in una radiografi­a. E, in questo senso, non è un caso che Fausto abbia esordito con tantissima musica da camera per arrivare poi a un pezzo sinfonico e infine a una struttura ancora più complessa come la video-opera. Lui aveva il senso dei suoi limiti e sapeva di dire di no quando gli arrivava una commission­e a cui non si sentiva pronto”.

Qual è l’immagine che le sta più a cuore della sua vita con Romitelli?

“Il ricordo di un soggiorno a Gallipoli, mentre stava componendo Professor Bad Trip: Lesson I. Sul posto c’erano anche altri due suoi compositor­i e amici, Ivan Fedele e Luca Mosca. Di giorno io andavo al mare, lui invece era presissimo dalla musica. Ma, alle due di notte, si usciva di casa e si andava a ballare. Era un periodo davvero felice. E quella casa, quel caldo e quella spensierat­ezza mi sono rimasti dentro per sempre”.

ANTONIO GARBISA

Festival di Milano Musica

Ictus Ensemble, Filarmonic­a della Scala Milano, Alcatraz, Teatro alla Scala, Auditorium, Piccolo Teatro, dal 9 ottobre al 15 novembre

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