PUCCINI IL TRITTICO
INTERPRETI A. Nizza, A. Mastromarino DIRETTORE Bruno Nicoli REGIA Serena Farinelli, Vittoria Lai, Giorgia Guerra FESTIVAL Puccini “Unico tratto inconsueto, una sorta di pedale ai tre atti, la presenza di un bambino (memoria del figlio morto in Tabarro e Angelica) e sorta di folletto vivacissimo serpeggiante fra gli eredi Donati”
Ancora una sortita al femminile, in questa estate 2014, dopo le tre direttrici d’orchestra a Macerata, per l’autore che della natura della donna è stato l’interprete moderno più sottile e coinvolgente: il Trittico di Puccini, a Torre del Lago, è stato affidato a una schiera di ragazze che hanno vinto un concorso indetto dal festival pucciniano e firmato lo spettacolo come registe (Serena Farinelli de Il Tabarro, Vittoria Lai e Giorgia Guerra di Suor Angelica, Elena Marcelli di Gianni Schicchi), mentre i costumi erano disegnati da Lorena Marin, l’unica già in carriera. Ma la cornice non era la grande cavea all’aperto sul lago, ma l’auditorium ricavato sotto la platea; la scena, ideata da Monica Bernardi, uno sfondo murario polivalente per i tre titoli, grazie a un ponticello sulla Senna, due grandi pannelli a grate per il convento, l’immancabile lettone per il cadavere di Buoso Donati, dietro cui si apre, alla conclusione, una vista sulla Firenze medievale. La regia, anzi le diverse regie, erano di un garbato realismo tradizionale (con begli eccessi di gestualità drammatica e sensuale nei protagonisti del Tabarro e vivaci controscene nello Schicchi): unico tratto inconsueto, una sorta di “pedale” ai tre atti, la presenza di un bambino ( memoria del figlio morto in Tabarro e Angelica) e sorta di folletto vivacissimo serpeggiante fra gli eredi Donati. Sul piano musicale, protagonisti di rango come Amarilli Nizza, tornata ad essere a
Torre del Lago una sensuale e forte Giorgetta e poi una Suor Angelica di trascinante emotività, conquistandosi applausi calorosissimi, soprattutto nella seconda parte dell’atto, dopo il colloquio con la Zia Principessa, interpretata con toni nobilissimi e severi insieme da un’ammirevole Laura Brioli, che aveva indossato i panni della grottesca Frugola. Alberto Mastromarino è passato in modo molto convincente dall’interiorità dolorosa del Michele nel Tabarro alla comicità acuta e alla gestualità esilarante dello Schicchi. Gran corpo di voce, ma usata in modo piuttosto grossolano, quella del tenore Mirko Matarazzo (Luigi); corrette, anche se di timbro non molto gradevole, quelle di Rinuccio (Ugo Tarquini) e di Lauretta (Mariacarla Seraponte). Impossibile ricordare tutti i giovanissimi interpreti degli altri ruoli; solo, si noterà come al direttore Bruno Nicoli (che è ricorso alla stesura orchestrale ridotta firmata Paniz- za) nella lettura del Tabarro è mancato del tutto il senso del grigio, del limaccioso, di certi eccessi quasi espressionistici che sono il fascino di questa partitura tanto cara anche a Dallapiccola; più uido e commosso l’approccio al femminile di Suor
Angelica, e di discreta vitalità, con delicati momenti lirici per la musica dei giovani innamorati nello Schicchi. La risposta del pubblico è stata incredibilmente calorosa.