CONCERTI E LIBRO LO RICORDANO
Oggi avrebbe settant’anni, se quindici anni fa, durante un’Aida a Berlino, il destino non avesse deciso diversamente. E chissà quali altri traguardi - musicali e intellettuali - avrebbe raggiunto, oltre a quelli che già lo rendono uno dei protagonisti della musica del secondo Novecento. Giuseppe Sinopoli, compositore, direttore d’orchestra, medico, archeologo. Intellettuale a tutto tondo. Per ricordarlo l’Accademia di Santa Cecilia, di cui è stato direttore musicale dal 1983 al 1987, gli ha dedicato i concerti con Yuri Temirkanov, e il Teatro alla Scala, il cui podio Sinopoli ha frequentato assiduamente, ha programmato per il 6 ottobre un concerto con musiche sue, di Wagner e di Strauss. Questo mese arriva in libreria la nuova edizione dei
scritti da Sinopoli in omaggio al suo legame con la Sicilia e i miti del Mediterraneo, con un inedito (Marsilio). la frequentazione, probabilmente insostituibile, con gli orizzonti del mito, dell’utopia e della speranza: “Oggi viviamo in un’epoca in cui l’utopia è muta e la speranza altrettanto. È finito il mito, non la sua esigenza”, ha scritto Sinopoli. Ascoltando questo Requiem, una simile consapevolezza sembra appartenere anche a Brahms. Mai decorative, ornamentali, le sue interpretazioni sono in prevalenza guidate da un impeto emotivo vivissimo e talvolta disperato, che si esprime anche in radicali scelte di tempi e di contrasti dinamici: travolgenti di intensità, o sospesi in uno svolgersi della narrazione che può procedere lentissimo, svelando ogni dettaglio. In questo Requiem, impressiona, nel cuore del secondo episodio, il crescendo dinamico e il successivo e parallelo decrescendo e insieme minuendo, della marcia funebre che Sinopoli restituisce dilatando l’indicazione agogica dell’autore: Langsam, marschmässig (Lento, a mo’ di marcia). Altrettanto lentamente, con nostalgica e raggelata lentezza, si dilata il canto del soprano nel quinto episodio, dove tristezza e consolazione si confondono, inseparabili. Mentre esplode con un furore perfino dionisiaco, certamente ebbro, il coro del sesto numero, dove - ancora con tensioni dinamiche estreme - si proclama la vittoria della vita sulla morte e inizia quella “prospettiva ascensionale” che si realizza pienamente nella pacificazione dell’episodio conclusivo, Selig sind die Toten, che la direzione di Sinopoli avvolge in un pianissimo lontano, fluttuante davvero come “un’orchidea sull’acqua”, mentre le voci - che prediligeva, e non solo in Brahms, leggere - si allontanano svanendo, irreali . Questa interpretazione matura da una persuasione profonda del direttore nato in Sicilia e formatosi a Venezia: “L’indagine sul mondo antico è un’indagine che ha in fondo per me sostituito l’attività di compositore. Si tratta di un’indagine su un mondo i cui messaggi, i cui approcci con l’esistenza contengono stratificazioni oggi purtroppo irriconosciute, irriconoscibili, ma che danno della vita una dimensione per me insostituibile. Non si tratta quindi di un esercizio ginnico mentale, ma proprio di un’esigenza”. Sinopoli, giovane laureato in Medicina all’Università di Padova, è scomparso alla vigilia della discussione di laurea in archeologia alla Sapienza di Roma, con una tesi, oggi pubblicata, su Il re e il palazzo. Studi sull’architettura del vicino oriente: il