Il COFANETTO
S’intitola “Claudio Arrau The Legacy” il cofanetto Decca di 7 cd con le ultime registrazioni del pianista cileno realizzate dal 1988 al 1994. Un documento significativo che testimonia la piena maturità artistica ed interpretativa di un artista leggendario. Contiene le partite di Bach Bwv 825, 826, 827, 829; le Sonate per pianoforte di Beethoven n. 1, 2, 16, 22, 24, 25; di Schubert la Sonata per pianoforte D 894, D 780, Improptus D 935, D 946; infine di Debussy la sembra essere un saggio di come si possa concepire la “grande maniera” del compositore ungherese dissimulando l’aspetto più scopertamente virtuosistico che del resto non poteva essere dominato agli estremi da un interprete di settant’anni. Sempre nel comparto lisztiano, Arrau presenta nel 1971 una lettura profondissima e poetica dell’integrale delle Parafrasi sulle opere di Verdi. Memorabili per chi scrive furono gli ultimi recital italiani nei quali Claudio Arrau spaziò da par suo tra Beethoven e Liszt - la sua Sonata in si minore eseguita nel Conservatorio milanese nel 1978 rimane tra i ricordi più luminosi - Debussy, Chopin, Schumann. I recital svizzeri (dai quali sono tratti i brani contenuti nell’Album digitale) vennero registrati ad Ascona il 10 Settembre del 1959 e a Lugano il 20 maggio del 1963. La grandiosa solennità delle Variazioni e Fuga su un tema di Händel op. 24 di Brahms dà subito la misura dello stile di Arrau e della sua concezione delle variazioni come successione di atteggiamenti del tutto diversi che trasformano il tema barocco in senso romantico o a volte ne amplificano il carattere “antico”. Lo studio da Concerto “Ronda di Gnomi” e il Mephisto Walzer n.1 di Liszt sono resi in un tripudio di forza, eleganza, virtuosismo diabolico che si mantiene sempre al di qua dello scintillìo di uno Cziffra ma che si traduce in un qualcosa di altrettanto eccezionale e allo stesso tempo inappuntabile in termini di gusto e di integrità testuale. E nel Mephisto la bravura diventa anche espressione di una narrazione individuata in maniera precisa fin nel minimo dettaglio, quella narrazione che al mito faustiano si rivolge del resto anche nella lettura che Arrau propone più volte nel caso della Sonata in si minore. L’esecuzione dell’Appassionata di Beethoven è assai problematica e risente di un tormento interiore che contribuisce a produrre esiti piuttosto anticonvenzionali e non sempre spiegabili in sede critica. Altrettanto degna di nota è infine la esemplificazione della poetica schumanniana nella Fantasia, dove tra l’altro assistiamo a una delle più affascinanti realizzazioni del difficilissimo passaggio finale del secondo movimento, dove Arrau si colloca al di sopra di tutti i più grandi virtuosi - Horowitz compreso - eseguendo da par suo i difficilissimi “salti” che Martin Krause, ai propri allievi, chiedeva di suonare ad occhi chiusi.