Frivolezze d’autore
Non tutti l’hanno usato allo stesso modo, ma sull’origine ci sono solo concordanze. Il vocabolo bagat(t)ella è di radice latinomedievale e si lega a un nome di città, Bagatto, occidentalizzazione di Baghdad, considerata la capitale dei giocolieri. Di qui il nome che indica giochi di biliardo. L’uso traslato come sinonimo di cosa frivola, scherzosa, virtuosisticamente acrobatica oppure al contrario intenzionalmente semplice, quasi priva di sostanza, è stato fatto proprio prima dalla musica (nel tardo Rinascimento) che dalla letteratura, accrescendo il già ampio lessico terminologico specifico italiano. Tutte le voci storico-musicali convergono nell’attribuire la primogenitura nell’uso titolatorio a Les Bagatelles, dal Second Livre 10e Ordre pour clavecin (1717) di Couperin. Ma l’ascoltatore ordinario, che al termine bagatella attribuisce il significato manzoniano di cosa di poco conto, quando pensa a un riferimento musicale o fa scena muta oppure finisce per ripescare nella memoria la composizione beethoveniana nota come Per Elisa, rubricata (dall’editore) come bagatella (più da esperti è la dicitura tecnica e ancor più generica di “Albumblatt”, foglio d’album). L’esca d’autore ci spinge a ripassare la profondità sorvegliata e, per così dire, distillata delle estreme Bagatelle op. 126 composizioni pianistiche che - a dispetto del nome e della temibile assonanza con quell’altra, storpiata da generazioni di dilettanti - corrisponde perfettamente alla considerazione di Beethoven che all’editore le presentò come “quanto di meglio abbia finora scritto per pianoforte”. Senza dimenticare che questo sestetto di miniature già a suo modo “caratteristiche” (in senso schumanniano) pubblicate nel 1825, furono precedute dalla raccolta di undici rubricata come op. 119 e da quella giovanile (op. 33, sette brani). Da Beethoven in poi la storia della musica è lussuosamente piastrellata di bagatelle. Difficile accomunarle per adiacenze formali e stilistiche, perché il disimpegno apparentemente connesso al termine è in realtà uno stimolo a interpretarlo liberamente. Come fa ad esempio Liszt che nella sua Bagatelle sans tonalité (1885), elencata alternativamente come quarto Mephisto Walzer lam-