Quale gobbo?
Chiamate i carabinieri, i caschi blu, Chi l’ha visto?. All’opera è scomparso il suggeritore, anzi “maestro rammentatore” come nelle locandine più sussiegose. Addio cupolino, “attacchi” sussurrati o più spesso strillati a cantanti in debito non solo d’ossigeno ma anche di neuroni, salvataggi in corner di recite compromesse da amnesie, distrazioni, vuoti di memoria, attacchi di panico, impreparazioni musicali e altre catastrofi. A Parigi, agli Champs-Elysées, ho visto il mio primo Tristan desuggeritorizzato, audacia mai tentata nemmeno a Bayreuth, dove pure si suppone che chi canta Wagner lo conosca (e Thielemann, alla fine di ogni recita del suo Ring, tutte le volte per cinque estati di fila, veniva al proscenio, si inchinava – poco -, sorrideva - meno ancora - e poi stritolava la mano che il souffleur gli porgeva da dietro il “gobbo”). Invece qui niente cupolino e niente suggeritore: e dire che Daniele Gatti aveva provato un mese e mezzo, ma poi la titolare si era data ed era arrivata un’Isolde last minute. Sempre a Parigi, miracolo un paio di sere dopo: a Garnier, nessuna escrescenza lignea rovinava la scena nuda (e anche molto cruda: regia di Bieito) del Lear di Reimann, che non è esattamente facile per chi l’ascolta, figuriamoci per chi lo canta. Idem, mi sembra di ricordare, dopo qualche giorno alla Daphne di Strauss alla Staatsoper di Amburgo, altro spartito non proprio semplice. E va bene che ormai i televisorini a circuito chiuso che riprendono il diret-