BLACK AND WHITE
Con il termine Dixieland (terra di Dixie) veniva denominato il territorio degli Stati Confederati d’America fra cui la Louisiana: nel 1861 la canzone popolare
divenne l’inno di tali Stati. Musicalmente il Dixieland è lo stile jazz di New Orleans praticato grosso modo attraverso l’improvvisazione collettiva a tre voci (cornetta, trombone e clarinetto) e definito da una scelta di temi nati dal ragtime, dal blues e dalle marce. Nelle Marching band il Dixieland prevede una sezione fiati leggermente ampliata (due cornette, trombone e clarinetto), e una ritmica adeguata: bassotuba al posto del contrabbasso, rullante a tracolla in funzione di batteria. 1803 agli Stati Uniti. Nel corso dell’Ottocento la popolazione aumentò in modo esponenziale. Arrivarono da più parti degli Stati Uniti mercanti e coloni di origine inglese e religione protestante che andarono ad aggiungersi agli schiavi provenienti da Haiti e dalle Indie Occidentali con i loro padroni bianchi: i primi portarono i riti voodoo, i secondi il gusto per il lusso e lo sfarzo, attrazione fatale per le donne creole che vivevano nel Vieux Carré, il quartiere francese benestante. Dall’Europa, infine, giunsero varie ondate di migranti: gli italiani all’inizio del Novecento erano il gruppo etnico extraamericano più numeroso di New Orleans. Inserita tardivamente in una società protestante, la città era rimasta fondamentalmente cattolica; ma era anche la capitale dei “dottori” e delle “Regine” di chi praticava quei misteriosi rituali esoterici vuduisti nati in Africa e in America latina fra Sei e Settecento e rivissuti nel pittoresco, coloratissimo saturnale di canti, danze e poliritmie tribali africane che - fin dal 1805 - animava Congo Square nei giorni di sabato e domenica: un richiamo ancestrale che riaffiorerà in modo carsico nel jazz, si pensi al folklore immaginario di un Sun Ra (1914-1993) pianista, compositore, poeta e filosofo del free jazz degli anni Sessanta. Un sogno di appartenenza all’Africa che fu sradicato nel 1894, quando in una New Orleans sempre più anglosassone era cominciata ufficialmente la discriminazione fra le razze. Per i neri, già provati dalla segregazione e abituati a stare appartati, non fu una tragedia; lo fu per i creoli, abituati come i bianchi al lusso del quartiere francese. Messi in un solo mazzo con i neri, cioè costretti a spostarsi “uptown” (la parte di città a Ovest di Canal Street), i creoli - e fra loro c’era chi suonava e studiava musica europea da anni - si trovarono d’improvviso accomunati ai musicisti neri meno acculturati. Tale mescolanza fu utile a quest’ultimi, che raffinarono le loro tecniche grazie ai creoli inseriti nelle band impiegate in occasioni come picnic all’aperto, balli e funerali. Si trattava di musica bandistica di origine europea (italiana, francese, tedesca); ma mentre i creoli sapevano leggere, in quella fase prejazzistica i neri suonavano a orecchio. Il jazz nero uscirà da questa gestazione con Buddy Bolden (1877-1931), definito il “re del jazz” da Louis Armstrong (1901-1971). Il successo della band diretta dal siciliano LaRocca, è dunque un episodio che trova spiegazione nell’acculturazione musicale di europei e creoli d’inizio secolo. E il fatto che il primo disco jazz della storia sia stato inciso da bianchi, non conferma che il jazz sia una loro creatura.