“UNA NERVOSITÀ CHE TUTTAVIA MAI SI ESAURISCE IN QUEL TASTIERISMO PETTEGOLO CON CUI SI CREDE SOVENTE DI RIEVOCARE L’IDEA SETTECENTESCA”
Come alcuni grandi pianisti che hanno costantemente condiviso il proprio impegno solistico con l’avventura cameristica - Serkin, Horszowski, Kempff per ricordarne alcuni - anche la Pires ha sempre più privilegiato il “suonare insieme”; come ha affermato più volte “è per me molto difficile non dividere la scena”, convinzione che nasce da quella sua naturale vocazione conversativa che si era ammirata già nelle sue prime sortite mozartiane, nei Concerti in particolare, per l’equilibrio nel rivivere con freschezza la complessità di cui è intarsiato il mondo del Salisburghese: un pianismo nitido, talora attraversato da una nervosità che tuttavia mai si esaurisce in quel tastierismo pettegolo con cui si crede sovente di rievocare l’idea settecentesca; perché, al contrario, la Pires controlla la frase nella sua curvatura espressiva, nutrendo il tocco di una gamma di sottigliezze molto ben tramate, il che consente al discorso di svolgersi con naturalezza, entro quella temperie ordinaria che esclude l’impennata enfatica ma valorizza in maniera ancor più essenziale la sorpresa, ossia quel pimento che insaporisce in maniera inconfondibile la lingua mozartiana. Tratti che trovano una più ampia declinazione nella varietà dei percorsi cameristici di cui questo cofanetto, che la Dg ha voluto dedicare alla pianista portoghese per il suo settantesimo compleanno, offre un ricchissimo catalogo: praticamente la letteratura portante per violino e pianoforte, con l’integrale beethoveniana, quella brahmsiana, una ricca antologia delle Sonate mozartiane cui si aggiungono le tre Sonate di Grieg per giungere dopo Franck al Novecento con Debussy e Ravel. Percorso che la Pires compie con un compagno di viaggio autorevole quale Augustin Dumay, intesa saldata più sulla diversità che non definita secondo strette coordinate ma proprio per questo risultante particolarmente coinvolgente, nel modo con cui i due discorrono “alla pari”, sul filo di una musicalità sempre avvincente. Il quadro si allarga al violoncello, con un partner di sicuro talento come il giovane Pavel Gonziakov in un’intensa Sonata di Chopin o con il più rassicurante Antonio Menes con cui l’ultimo cd riporta un intero re- cital alla Wigmore Hall in un programma che apre una intima oasi pianistica coi tre Intermezzi op. 117 di Brahms. Entro uno spazio ancor più ampio si muove la Pires con due Trii di Brahms e tre di Mozart, fino al grande Quintetto di Schumann, autore di cui poi va delibando alcune pagine di penetrante poesia insieme all’oboista Douglas Boyd.