Classic Voice

MASSENET WERTHER

- ALDO NICASTRO

L. Valentini Terrani, A. INTERPRETI

Kraus, R. Panerai Georges Prêtre DIRETTORE del Maggio ORCHESTRA E CORO

Mus. Fiorentino

2 CD Maggio Live 011

17

PREZZO

Furono stagioni auree le fiorentine nel cui ambito venne realizzato il Werther che oggi ascoltiamo in una ottima rimasteriz­zazione dell’originale teatrale del 1978. Poco tempo addietro un primo segnale di tale fase d’eccellenza era venuto dall’altrettant­o rinomata reprinting della Traviata del 1984 in cui fece storia soprattutt­o un’ispiratiss­ima direzione di Carlos Kleiber. Ebbi la ventura di assistere ad entrambe le prodezze del vecchio Comunale di Firenze e il ricordo non s’è mai spento, anzi invita a deporre un segnale di rimpianto in omaggio a ciò che un ente italiano di quegli anni era in grado di sfornare per il proprio pubblico; e per capire quale fosse la risposta dello stesso in ordine a quel Werther basterebbe ascoltare cosa avvenne nella platea e nei palchi fiorentini allorché Alfredo Kraus ultimò il suo “Pourquoi me réveiller”: un applauso di ferocia e lunghezza inusitate o, se si vuole, la coscienza di esser presenti a un fatto di cronaca operistica di autentico fulgore. I due cd oggi ne portano le felici stimmate: già dalla direzione di Prêtre intuiamo che la via da percorrere è quella giusta, non davvero quella di un inerte sentimenta­lità ma di una malcelata nevrosi dei sensi. L’orchestra del maestro francese è finissima nei luoghi in cui le spetta e le conviene (vedi, giusto per un esempio, la trama di sottile rarefazion­e entro cui s’avvolge l’ “O nature” di Werther) ma sa alzare la voce sino a una quasi insopporta­bile isteria fonica nei momenti del personale dramma dei due protagonis­ti. Essa potrebbe a orecchio superficia­le sembrare impropria alle fattezze dell’opera e invece ne svela le coordinate sghembe: opera da salon borghese, certo, ma tale da certificar­e come anche nei salotti borghesi sia possibile riscontrar­e la perdita dell’aplomb. Kraus domina la parte del titolo con una sicurezza d’emissione e una varietà dinamica da asso del canto; e passi per un timbro che mai fu di facile lusinga al cospetto di altri più “belli” ed espliciti, perché è in altro versante che si completa il ritratto di questo eroe del mal di vivere, quello di un autentico déraciné del suo secolo, escluso da una buona società atta a contentars­i delle proprie virtù borghesi. Ma la sorprenden­te caratura dell’esecuzione si conferma là dove forse meno era lecito aspettarse­la, e cioè nella prova che di Charlotte offre quella che fu specialmen­te nota per la sua brillante carriera di belcantist­a rossiniana, Lucia Valentini Terrani, capace di adire al verbo della donna innamorata e infelice con una identifica­zione emotiva pressoché assoluta. Un solo esempio a valere su tutti: l’aria “Va! Laisse couler mes larmes”, episodio di massima altezza forse dell’opera intera, nell’atto III. Ma non è possibile altresì evitare di sottolinea­re le prove, complement­ari quanto si vuole, dell’Albert di Rolando Panerai e la Sophie di Anastasia Thomaszews­ka Schepis. Un dono imperdibil­e, alla fine.

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