VERDI OTELLO
INTERPRETI S. Neill, J. Nuccio, R. Frontali DIRETTORE Riccardo Frizza REGIA Paco Azorín
ARENA Sferisterio FESTIVAL Macerata Opera “Una interpretazione coerentemente tragica, senza smagliature, con cui la direzione di Riccardo Frizza non sempre è sembrata intonarsi”
Elemento visivo fondamentale per impostare una scenografia e una regia allo Sferisterio di Macerata è senza dubbio il larghissimo muro che chiude l’ottocentesco colonnato, e sovrastando la buca orchestrale e la sterminata platea: un fondale petroso sul quale il regista Paco Azorín ha proiettato i rossi nomi di Otello e Jago, le immagini di Verdi e Shakespeare, il mare agitato in tempesta sulle sponde di Cipro, l’enorme salice che accompagna la canzone di Desdemona e poi si trasforma in un gruppo di spogli alberi. E davanti al Muro scorrono un ligneo Leone di San Marco, e pannelli trapezoidali di legno, a combinarsi per suggerire il porto o i palazzi del II e III atto; pareti suggestivamente illuminate da Albert Faura, di fronte alle quali si muovono le masse corali tutte in abiti scurissimi (con grigie gorgiere seicentesche) disegnati da Ana Garay. L’animazione fondamentale: un gruppo agitato di sei mostruosi mimi che, simboli del male, avvolgono ora questo ora quel personaggio che con la colpa entra in contatto; movimenti continui dei personaggi che percorrono l’ampio palcoscenico in una sorta di corsa angosciante; e poi, la presenza di Jago che incombe dall’alto anche nelle scene in cui il libretto non lo prevede, a confermare l’intenzione verdiana di dare alla sua opera il titolo di Jago.
Una interpretazione coerentemente tragica, senza smagliature, con cui la direzione di Riccardo Frizza, alla testa dell’Orchestra Regionale delle Marche e del coro “Vincenzo Bellini”, due complessi di buon livello, non sempre è sembrata intonarsi: se Frizza ha sottolineato con vigore il tempestoso quadro di apertura, e ben sostenuto il respiro quasi da grand opéra delle scene d’insieme nel II e nel III atto, le sonorità hanno inclinato per lo più verso una certa morbidezza e a tratti genericità, così che i momenti maggiormente convincenti sono stati gli episodi lirici come il duetto d’amore al primo atto e come la grande scena di Desdemona nell’atto finale. Grazie, va detto, alla presenza del soprano Jessica Nuccio, un’autentica rivelazione: con una voce dolce e luminosa, una impeccabile sicurezza dell’intonazione, un fraseggio commosso, ha tratteggiato una Desdemona con qualche venatura giovanile, una incantevole “sposa novella” alla quale sono andati i riconoscimenti entusiastici della platea. Otello era affidato a Stuart Neill, che molti avranno apprezzato nel Don Carlos scaligero; e che è apparso piuttosto affaticato in questo ruolo impervio, di cui ha offerto una lettura con
qualche momento di debolezza e qualche forzatura, piuttosto che un’interpretazione a tutto tondo. Invece, con assoluta pienezza interpretativa Roberto Frontali ha affrontato Jago, di cui ha offerto un ritratto incisivo e sfaccettato, in bilico tra il sottile, l’umano e il perfido, quale Verdi l’ha musicalmente dipinto. Pregevoli prestazioni di Tamta Tarieli (Emilia), Davide Giusti (Cassio) e Manuel Pierattelli (Roderigo), un tenore da ruoli primari; risposta del pubblico pressoché oceanico dello Sferisterio particolarmente calorosa sia allo spettacolo nel suo insieme che al direttore e alla compagnia di canto.