L’Opera del futuro
Acclamata come un capolavoro, “Written on Skin” di George Benjamin esalta il fascino della miniatura medievale testimoniando la vitalità del teatro musicale contemporaneo
Written on Skin di George Benjamin è considerata un capolavoro del nuovo teatro musicale. I numeri sono impressionanti: dal 7 luglio 2012, data della sua prima ad Aix ( con la regia di Katie Mitchell), ha avuto 81 rappresentazioni, con 6 diversi allestimenti, di cui quello che viene ora ripreso dal Comunale di Bolzano (7 e 9 ottobre) è a firma del regista Nicola Raab. L’opera, su libretto di Martin Crimp, si ispira a una leggenda occitana del XIII secolo, Le Coeur mangé. Il protagonista è un giovane miniatore (The Boy), invitato da un ricco latifondista (The Protector) a realizzare un libro illustrato per celebrare le virtù della famiglia. “L’unica richiesta da parte del direttore del festival di Aix Bernard Foccroulle”, spiega Benjamin, “era di ambientare il lavoro in Provenza. Così Martin Crimp e io abbiamo cercato storie dei Trovatori, e abbiamo avuto la fortuna di scoprire abbastanza rapidamente Le Coeur Mangé. È di sorprendente attualità, anche se l’abbiamo scelta soprattutto per la conclusione, dove la moglie risponde alla crudeltà del marito con sfida e coraggio straordinari. So che questa storia è stata ripresa da Boccaccio e Stendhal, ma la nostra fonte è stata la razo medievale”.
L’arte della miniatura ha influen- zato le scelte musicali?
“Si assolutamente. L’impulso visivo per la mia partitura è venuto non da pergamene francesi del XIII secolo, ma da una fonte molto più antica: le straordinarie miniature spagnole del Beato de Fernando I y Sancha, dell’XI secolo, che ho trovato nel libro di Umberto Eco Storia della Bellezza. Il suo splendido immaginario visivo, con mostri bizzarri, accostamenti surreali, elementi astratti, una sorprendente tavolozza di colori, sono stati la fonte di ispirazione per il mondo sonoro della mia opera”.
Due dimensioni temporali s’intrecciano con effetto straniante: i personaggi sono anche narratori. Come è nata questa idea?
“Martin aveva sperimentato questa tecnica nella sua pièce Attempts on Her Life, dove il dramma è descritto piuttosto che rappresentato. E mi è sembrato che avesse grandi potenzialità operistiche. La sovrapposizione di testo nella mia opera ha uno scopo simile: evita il naturalismo, consentendo un ritmo molto più flessibile e rende la storia chiara e comprensibile”.
Come ha affrontato il problema della scrittura vocale?
“Credo che sia la più grande sfida per un operista contemporaneo, ed è una questione su cui ho riflettuto per anni prima di scrivere una sola nota di musica per il palcoscenico. Amo il canto e sono di fatto allergico al parlato in un contesto operistico. I cantanti poi recitano così male in scena! Uso con molta parsimonia i salti dissonanti ancora troppo diffusi nella musica contemporanea. Ma ciò non significa tornare alla scrittura tonale. Poi ho sempre cercato di riservare le note acute per le vocali aperte, e di incorporare le linee vocali nel tessuto orchestrale, in modo da farle percepire come parte di un contesto armonico. Ho scelto un controtenore per la parte del ragazzo, in modo che, nei suoi duetti amorosi con Agnès, le loro voci potessero sovrapporsi e intrecciarsi all’interno della stessa tessitura. Mi sembra che questo abbia un potenziale più erotico rispetto alla tradizionale separazione di ottava delle voci (soprano/tenore). Ma la voce del controtenore mi sembrava anche molto adatta a questo personaggio misterioso e ambivalente”.
Ha usato tecniche compositive o forme della musica medievale? E perché l’organico include viola da gamba e Glassharmonica?
“Le tecniche compositive sono molto diverse, e legate alle diverse situazioni drammatiche. Anche se le linee vocali hanno sempre la precedenza, e quindi l’accompagnamento strumentale è spesso discreto, volevo avere una vasta gamma di colori orchestrali, in parte per evocare il mondo della miniatura medievale. Ma non c’è quasi alcuna influenza della musica medievale, a parte alcuni procedimenti isoritmici sullo sfondo di alcune scene, e alcune gamme modali nella scrittura vocale. Il mondo nel quale si muovono i cinque personaggi non è realmente medievale, è piuttosto il mondo di oggi che guarda indietro a una storia del passato. Il suono della viola da gamba per me non è arcaico, è solo straordinariamente ricco di armonici e risonanze: l’ho ‘rivestito’ con una rete di ottoni con sordina che crea un particolare scintillio. Ho usato la Glassharmonica affidandole accordi complessi capaci di creare una sonorità unica, instabile e fragile, che sembra quasi elettronica” Written on Skin di George Benjamin Dir. Rossen Gergov, regia Nicola Raab Bolzano, Teatro Comunale 7 e 9 ottobre