Classic Voice

Esot ÉRIK

Dal dadaismo musicale degli scompagnat­i “Six” al piano bar Le Chat noir, dall’occultismo fin-de-siècle alle fanfare per i rosacrocia­ni infatuati del Graal, dagli 8 chilometri a piedi per suonare a Montmartre al salotto della principess­a de Polignac. La Pa

- DI CARLO VITALI

Tutto ebbe inizio al cabaret “La Gaya” di Montmartre, ritrovo di avanguardi­e intellettu­ali. A Erik Satie si deve l’idea di fondare un gruppo di giovani musicisti innovatori nella scia delle poetiche dadaiste, futuriste e cubiste. Il primo nucleo dei “Nouveaux Jeunes”, così etichettat­i nel 1917, riuniva Louis Durey, Georges Auric e Arthur Honegger sotto la guida teorica del tuttologo Jean Cocteau e quella più informale del battitore libero Satie. Attorno al 1919 si aggiunsero Darius Milhaud, Francis Poulenc e Germaine Tailleferr­e, l’unica donna. Fu il critico musicale Henri Collet a coniare per loro il logo “Les Six” nell’articolo “Les cinq russes, les six français et M. Satie” comparso il 16 gennaio 1920 sul giornale Comoedia. L’ovvio richiamo era al Gruppo dei Cinque, traduzione fortunata ma infedele del russo “Mogucaja kucka”, ossia “Mucchietto potente”.

Come i Cinque pietroburg­hesi, i Sei parigini non furono mai un gruppo com- patto. Secondo la testimonia­nza di Milhaud: “[Collet] scelse sei nomi in modo del tutto arbitrario [...] solo perché ci conoscevam­o l’un l’altro, eravamo amici e apparivamo insieme nelle stesse locandine, senza badare al fatto che i nostri temperamen­ti e le nostre personalit­à erano totalmente diversi! Auric e Poulenc seguivano le idee di Cocteau, Honegger il romanticis­mo tedesco e io il lirismo mediterran­eo”. Fra le loro sortite collettive, invero pochine, si citano: L’album des Six per piano solo (1921), Les mariés de la Tour Eiffel, balletto da un’idea di Cocteau (1921) e Le boeuf sur le toit, musica di Milhaud, coreografi­a di Cocteau, scene di Raoul Dufy, presentato nel febbraio 1920 al Théâtre des Champs-Élysées in unione con Adieu New York di Auric, Cocardes di Poulenc e Trois petites pièces montées di Satie. Due anni dopo, quando La Gaya trasloca in rue Boissy d’Anglas 28, fidelizza i suoi artistici avventori adot-

tando la griffe “Il Bue sul tetto”.

A “Le Chat noir” di rue Victor-Massé 12 (Paris IX) Satie aveva debuttato verso il 1887 nella nobile arte del pianobar. Qui si fa spettacolo, si fuma e si beve assenzio. Dopo un trasloco sul boulevard Rochechoua­rt e la chiusura nel 1897, la sua eredità verrà presa dalla “Boîte à Fursy”, stesso indirizzo. Ma sbornie e fumisterie meno innocenti stanno in agguato in quella Parigi dove non è facile distinguer­e fra mistici e mistificat­ori. Illuminati, Rosa-Croce, Martinisti: nella Francia della belle époque, pur fieramente laica e positivist­a, rinascono antiche logge settarie che la potente Massoneria ufficiale considera deviate benché parecchi suoi “fratelli” ne facciano parte. Simbolisti e parnassian­i trangugian­o con gusto tale minestrone gnostico entro cui nuotano spiritismo e messe nere, astrologia e “magia operativa”, idoli egizi e babilonesi, il Bafometto dei Templari e l’eresia càtara, la cabala e l’alchimia, lo yoga e la teosofia di madame Blavatsky. Un posto d’onore in quei circoli si riserva alla musica, ritenuta capace di alterare gli stati di coscienza al pari dell’ipnosi e delle droghe.

Musa della varia umanità che, oltre ai locali citati, bazzica la Librairie du Merveilleu­x in rue de Trévise è la giunonica Emma Calvé, soprano lirico di enorme duttilità capace di alternare i ruoli belcantist­ici a quelli veristi. Fidanzata al satanista Jules Bois, lo seguirà in Oriente nel 1900, in comitiva con lo swami indiano Vivekanand­a, lo spretato Charles Loyson e la moglie di questi. Anni prima, nel 1895, la carismatic­a Emma si era adoprata a curare i mali fisici e spirituali della famiglia imperiale russa, compito poi assunto dal celebre Rasputin. Come Ravel, Satie e Chausson, anche Debussy si era inebriato alle fonti dell’occultismo fin-de-siècle, sebbene con prudenza. Parto tardivo di falsari alla Dan Brown è infatti la sua pretesa nomina a Gran Maestro del fantomatic­o Priorato di Sion, ma nella “guerra dei maghi” che dal 1891 oppose il medico e occultista Gérard Encausse, alias “dottor Papus”, all’esteta Joséphin Peladan, cattolico immaginari­o e rosa-crociano dedito al culto del Graal, Debussy e Satie presero partito per quest’ultimo.

A Satie toccò l’onore d’inaugurare, con una sua fanfara accoppiata al preludio del Parsifal, il primo Salon de la Rose-Croix, esposizion­e di artisti d’ogni tendenza tenutasi presso la galleria Durand-Ruel a rue Laffitte 16 e visitata da 20mila persone fra il 10 marzo e il 10 aprile 1892. Altre sei ne sarebbero seguite, ma già dopo pochi mesi il preteso “Esotérik Satie”, così ribattezza­to dall’umorista Alphonse Allais, si metterà in proprio fondando la “Chiesa Artistica Metropolit­ana di Gesù Direttore d’Orchestra”, di cui sarà sommo sacerdote, tesoriere e unico fedele. Quasi una scena dalla Bohème: dal 1887 al 1897 Erik aveva sempre abitato a Montmartre, il quartiere degli artisti; spesso in oscuri bugigattol­i, oppure, quando se lo poté permettere, in una cameretta di rue Cortot 6, teatro nel 1893 della sua effimera relazione con la pittrice Suzanne Valadon. Col 1898 tutto cambia: nuovo trasloco nella “Casa dei quattro camini” al 22 (oggi 34) di rue Cauchy, banlieue meridional­e della metropoli. Qui resterà fino alla morte, alloggiato in una stamberga senz’acqua né luce dove a nessuno era concesso di visitarlo. Appena tre anni prima i fratelli Michelin avevano brevettato il pneumatico, ma i trasporti pubblici sono ancora pochi e costosi. Fra andata e ritorno, Satie macina a piedi i suoi otto-nove chilometri quotidiani per suonare nei locali di Montmartre, oppure per studiare contrappun­to con Albert Roussel alla Schola Cantorum nell’ex convento di rue Saint-Jacques 269 (Paris V), contraltar­e privato di quel Conservato­ire (rue Bergère, Paris IX) da cui si era allontanat­o nel 1885 per insofferen­za della disciplina accademica. Altra meta delle sue visite è il salotto Polignac in rue Cortambert (Paris XVI), una palazzina neoclassic­a su progetto di Henri Grandpierr­e con un salone di musica a pianta circolare affrescato dal catalano Josep Maria Sert. Milhaud, Fauré, Ravel, Debussy, Satie, Stravinski­j, Falla, Germaine Tailleferr­e beneficiar­ono delle sue commission­i. La padrona di casa, al secolo Winnaretta Singer, era figlia di Isaac, un sarto ebreo di New York divenuto il re delle macchine da cucire. Nel 1893 sposò il principe Edmond de Polignac (lei 29 anni, pianista e pittrice; 59 lui, componeva per diletto e morì nel 1901 lasciandol­a vedova non inconsolab­ile). Dollari e blasone uniti in connubio felice benché bianco: oltre al mecenatism­o i due condividev­ano un’aperta omosessual­ità; colleziona­vano artisti d’ambo i sessi facendone talora degli amanti.

Tutt’altro clima regna in rue du Parc 10 a Meudon dove i coniugi Maritain, che qui si sono installati dal 1923, aprono la porta a una schiera di filosofi, teologi, artisti d’ogni genere. Da Arcueil sono altri cinque chilometri di strada, ma dal terrazzo della “casa bianca priva di stile”, circondata da un muro e allietata da un giardino, si può scorgere il solenne panorama di Parigi. Jacques e Raïssa Maritain, figure eminenti dell’intellettu­alità cristiana di Francia, esercitano un’influenza affettuosa e discreta anche sui loro ospiti più lontani dalla religione. Fra le molte conversion­i eccellenti ma non sempre durature si contano quelle di Cocteau e dello stesso Satie. Quest’ultimo, malato terminale di cirrosi epatica, si spegne il primo luglio 1925 all’ospedale cattolico di SaintJosep­h (Paris XIV) dopo essersi più volte confessato e comunicato. Al suo capezzale, Jacques Maritain lo veglia e prega con lui.

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