JOHN LUTHER ADAMS
BECOME OCEAN
DIRETTORE Francesco Bossaglia ORCHESTRA Haydn
FESTIVAL Transart
“Non cadde nel tranello di una mera oleografia Debussy con La Mer; non lo ha fatto John Luther Adams con Become Ocean, lungo brano sinfonico vincitore del premio Pulitzer nel 2014”
Forse l’epoca dei poemi sinfonici non è finita, e il mare resta un topos della musica “descrittiva” tra i più narrati anche oggi. Certo, banale – però non biasimevole e neanche così facile – sarebbe illustrare l’acqua in maniera didascalica, ai limiti dell’onomatopea, ma i musicisti, nei secoli, si sono dimostrati così capaci di farlo da aver financo imparato a penetrare a fondo il senso del marino ed esporlo attraverso i suoi concetti fondamentali. Non cadde nel tranello di una mera oleografia Debussy con La Mer; non lo ha fatto John Luther Adams con Become Ocean, lungo brano sinfonico vincitore del premio Pulitzer nel 2014, in prima esecuzione italiana per aprire la nuova edizione del Festival Transart a Bolzano. Il compositore americano si è ispirato al paesaggio marino del pacifico Nord-occidentale, quello sul quale affaccia l’Alaska, e il primo concetto sul quale ha lavorato è stato l’immensità. Adams lo restituisce in tre modi: l’ampiezza dell’organico orchestrale (archi, legni e ottoni al completo, due set di percussioni con anche pianoforte e celesta); lunghezza del brano (siamo attorno ai 40 minuti); lentezza del processo trasformativo (i tempi dilatati in musica servono spesso a suggerire una dimensione spaziale particolarmente vasta). Attraverso poi i timbri si manifestano per strati le profondità: l’abisso dei bassi iniziali è l’oscurità dalla quale tutto comincia (e dove tutto finisce: la struttura della composizione è rigorosa e palindroma), e pian piano si sale fino alle increspature generate dalle correnti, qui ben rappresentate dagli arpeggi delle marimbe e delle arpe – gli arpeggi, per inciso, sono tutti risultanti dallo spezzettamento in elementi singoli dei grandi accordi che i vari gruppi orchestrali suonano alternati- vamente insieme – per le quali viene procurato un sottile, quasi impercettibile, slittamento, che è precisamente quanto avviene per le onde sulla superficie del mare... Ecco rappresentato il continuo. Il mutamento invece è gestito in termini dinamici, cioè con i volumi: picchi regolari, crescendo e diminuendo sono il moto ondoso di un corpo enorme.
Sebbene Become Ocean sia frutto di uno sviluppo dello stile minimalista (si scorgono la “drone music” di La Monte Young, la sospensione temporale di Morton Feldman, il phasing di Steve Reich ecc., tutti mezzi espressivi sotto l’egida di una ripetizione programmata), una narratività può esibirla, solo che invece di una storia si tratta di un racconto speculativo, di mostrare cioè il comportamento dell’acqua nell’ambiente oceanico, tradotto in suoni che parlano come le immagini in un filmato dall’alto: l’oceano appare prima come un blocco, fisso, immutabile (l’accordo tenuto), poi si iniziano a vedere i diversi colori, i flutti e i dettagli del movimento marino (arpeggi e tremoli) che non è mai casuale. La periodicità di queste manifestazioni è precisamente calcolata ed esplicitata simmetricamente, come esatta spiegazione delle leggi di natura.