CLASSIC VOICE ALBUM
Isaac Stern padroneggiava Bach come la musica del ‘900 con una cavata straordinaria e un suono inarrivabile
Uno dei motti del grande violinista Isaac Stern (“Utilizzare il violino per fare musica, mai usare la musica al solo scopo di suonare il violino”) fuga ogni dubbio sulla sua percezione dello strumento, così lontana dagli atteggiamenti virtuosistici di molti colleghi. Nato nel 1920 in un villaggio ucraino, emigrò con la famiglia negli Stati Uniti quando aveva solamente un anno, stabilendosi a San Francisco, dove iniziò i propri studi dapprima con la madre e poi, dal 1931, con Leo Persinger, il famoso didatta che aveva insegnato a Yehudi Menuhin. Il legame con Persinger non durò a lungo, e l’anno successivo Isaac venne affidato alle cure di Naum Blinder, con il quale lavorò dal 1932 al 1937. Blinder, allievo di Brodsky al Conservatorio di Mosca, gli trasmise il meglio della tradizione russa proveniente dalla scuola di Mosca e da quella di Odessa, un concentrato di musicalità e di saggio dominio dello strumento. Dopo il debutto a quindici anni con la San Francisco Symphony, nel “doppio” di Bach a fianco del proprio maestro, e l’anno dopo con Pierre Monteux nel terzo Concerto di Saint-Saëns, Stern suona il Concerto di Ciaikovskij con Klemperer e la Los Angeles Philharmonic e finalmente si presenta a New York il 18 febbraio del 1939 con grandissimo successo. Da lì in poi la carriera non ebbe più confini, sia come solista sia accompagnato dal fedele e bravissimo pianista Alexander Zakin. Il successo fu nello stesso tempo governato da un impresario di eccezione, Sol Hurok, e da una casa discografica di primo piano, la Columbia (poi Cbs e Sony) cui Stern fu legato da contratto dal 1945. Con Zakin incise il primo disco, dedicato alla Sonata op. 30 n. 2 di Beethoven. Al debutto europeo a Lucerna nel 1948 seguirono numerose partecipazioni - molte delle quali disponibili oggi attraverso le registrazioni - al Festival di Casals a Prades. Aperto sostenitore dello Stato di Israele, Stern si prodigò sia nella creazione di centri musicali per l’insegnamento ai giovani sia al supporto dei più dotati violinisti. Nomi quali Zukerman, Mintz e Perlman furono da lui incoraggiati nel corso della carriera. Attivo sui palcoscenici di tutto il mondo fino ai primi anni Novanta, il violinista scomparve a New York nel 2001 a 81 anni.
Stern fu uno di quei violinisti che, al pari di Oistrach, Milstein o Menuhin, padroneggiavano in maniera inarrivabile lo stile classico, la “grande maniera” che permetteva loro di convogliare anche in sale di enorme capienza i caposaldi del repertorio, da Bach alla musica del ‘900, con un suono di purezza inarrivabile e di volume tale da essere percepito in ogni dove (particolare quest’ultimo che manca in molti violinisti delle più giovani generazioni). Il suo amore per la musica da camera è testimoniato da numerose incisioni in studio e dal vivo che ci mostrano un musicista di razza a proprio agio con tutti gli stili. Famoso a questo riguardo divenne il trio da lui formato nel 1960 con il pianista Eugene Istomin e il violoncellista Leonard Rose. Ma Stern divenne anche un prezioso riferimento per il repertorio moderno e contemporaneo, da Bernstein a Penderecki, Sostakovic, Hindemith. La registrazione di una serata straordinaria con un giovane Maazel che debuttava a Lucerna ci permette oggi di riascoltare un classico dei classici in una interpretazione ai massimi livelli. Lo stacco di Maazel (allora ventottenne) predispone a una eccellente lettura del Concerto, con un crescendo di notevole effetto che porta all’ingresso del solista. Maazel, da grande strumentista, è capace di seguire Stern in ogni intenzione conoscendo bene i respiri e le difficoltà del fraseggio violinistico in questo lavoro. E allo stesso tempo è capace di rivelare dettagli spesso trascurati nella partitura, come il peso delle note ripetute delle trombe nel famoso tema principale ripreso dal tutti orchestrale. Dal canto suo, Stern interviene fin dall’inizio con una cavata e una intensità di suono straordinarie, una miscela di precisione e fuoco interpretativo che verrà mantenuta lungo tutto l’arco dei tre movimenti. L’interpretazione della sonata giovanile di Beethoven, eseguita con il decisivo supporto di Zakin a Parigi nel giugno del 1960, è un piccolo capolavoro di stile che mette in luce sia i debiti mozartiani della “prima maniera” sia la forte individualità del messaggio del musicista tedesco.
Isaac Stern padroneggiava Bach come la musica del ‘900 con una cavata e un’intensità straordinarie, un suono di purezza inarrivabile