“LA SI ASCOLTA CON DELIZIOSO SGOMENTO NELL’ASSOLO CONCERTANTE DELL’INCARNATUS”
Constanze Mozart nata Weber non era forse un’aquila, ma neppure quella stolta gallina ignara di musica che il filmaccio di Forman ha dipinto alla plebe mediatica, e che il maschilismo di certi biografi vorrebbe intenta solo a campare di rendita svendendo il lascito degli autografi maritali. È invece provato che si adoprò a farli pubblicare secondo lo stato dell’arte ai tempi suoi. Per soldi, si capisce: era vedova con due figli da tirar su. Vale anche per l’incompiuta Messa in do minore Kv 427: una sua esecuzione parziale a Salisburgo, diretta dall’autore nell’estate o autunno 1783, vide Constanze parteciparvi come soprano; nel 1800 lei stessa suggeriva all’editore André di pubblicarla “come pendant del Requiem”, aggiungendo: “il pezzo avrà altrettanta fortuna perché è bello” (Carteggio Bärenreiter, n. 1285). Fra intimismo e grandeur liturgica, un magnifico torso (Alfred Einstein dixit) che più volte si tentò di restaurare finché il gusto moderno per il non finito ha rivalutato l’opzione opposta. Così con la presente incisione basata sull’edizione Beyer 1989: Kyrie e Gloria finiti da Mozart più le sezioni integrate in antico da Eybler e Süssmayr sugli abbozzi del loro maestro; il Credo arriva fino a “homo factus est”, il Sanctus è quasi intero ma l’Agnus Dei manca. Il tutto riveduto da Masaaki Suzuki, apostolo ormai canuto che col suo Bach Collegium Japan, fondato nel 1990, ha iniziato il pubblico del Sol Levante ai misteri della musica occidentale avanti Ludwig. Lontano dai tritasassi alla Boehm e aderendo con giudizio alle idee della prassi esecutiva “filologica”: strumenti originali, organici ridotti ma non troppo, ferrea cura dell’intonazione, scelta di voci impostate ma non impastate, ricerca ossessiva del dettaglio. Oltre alle costanti qualità del complesso orchestrale e corale, è il quartetto dei solisti a far premio nel presente cd: soprattutto il nobile metallo di Makoto Sakurada, gentile tenorino che un tempo era facile incontrare in Italia, e la virtuosità trascendentale del soprano Carolyn Sampson, del pari a suo agio nel legare e nello staccare, nella mezzavoce e nel trillo, nel pirotecnico e nel patetico. La si ascolta con delizioso sgomento nell’assolo concertante dell’Incarnatus e in un filler di lusso come l’Exsultate Kv 165, qui offerto in doppia versione con la variante “salisburghese” della prima aria.