BERLIOZ
SYMPHONIE FANTASTIQUE OP. 14 RAMEAU SUITE DE HIPPOLYTE ET ARICIE Daniel Harding DIRETTORE Sinfonica della Radio ORCHESTRA Svedese CD Harmonia Mundi HMC 902244 16,50 PREZZO
Può concordarsi col firmatario della nota di presentazione del disco quando asserisce che i due testi qui raccolti hanno dalla loro il privilegio di incarnare, a distanza di un secolo l’una dall’altra, un’importante fase della storia della musica: Rameau innovò il vecchio assetto della tradizione operistica francese, come Berlioz, cento anni più tardi, avrebbe fatto con la sua Symphonie Fantastique precorrendo la musica a programma del secondo Ottocento. Detto ciò, cosa leghi una semplice antologia di episodi strumentali tratti dal geniale incipit teatrale di Rameau al profetico messaggio sinfonico di Berlioz non ce lo spiega altri che la convenienza di assommare alla lunga traiettoria di quest’ultimo un aliud breve e tutto sommato utile quanto un fico secco. Perché la Suite di Hippolyte et Aricie non sappiamo neppure se sia opera dell’autore: non ce lo dice il disco, non ce lo dice il catalogo completo della musica di Rameau, ma soprattutto nulla ci dice sui nove piccoli numeri che non riguardi il mai discusso magistero del musicista: avulsi dal contesto teatrale che gli è proprio, essi confermano soltanto la perizia strumentale dell’autore ma di tal conferma non c’era davvero bisogno.
Daniel Harding conferma qui che fra coloro che son predestinati a subentrare pian piano ai maestri della generazione precedente egli può con liceità aspirare a qualche non disdicevole ruolo. La suite di Rameau viene diretta con la proprietà stilistica che le conviene mentre la conduzione della celebre Sinfonia di Berlioz prospetta a mio vedere una deviazione dal consueto modello stentoreo della tradizione: voglio dire che lo spirito anticonformista del compositore si enuclea con discreta esattezza dal gesto di Harding ma con in più un’attenzione alla levità del ductus che fa trapelare in qualche modo l’altro aspetto del dualismo berlioziano, lo stesso che si oppone alla gigantografia ninivica con la sottigliezza dell’onirico. Resta da osservare però che, per scelta direttoriale o meno che sia, si trascura un po’ un’essenziale componente del dettato d’autore, ossia la presenza s’altri mai cogente dell’iperbole sonora; e la cosa appare più evidente allorché la composizione si inoltra sul terreno della visione macabra ovvero nel corso dei due movimenti conclusivi. Pur tuttavia trattasi di esecuzione legittima e ben articolata; merito della bacchetta ma anche dell’attenta orchestra della Radio Svedese, all’altezza nei passi di maggior violenza dell’opera.