Classic Voice

GILELS

- LUCA CHIERICI

Emil Gilels effettuò tra il 1955 e il 1983 ben dodici tournées negli Stati Uniti, paese nel quale, al contrario di Richter, egli dichiarò più di una volta di sentirsi perfettame­nte a proprio agio. Rivali al pianoforte e anche nelle preferenze logistiche - Richter era piuttosto “parigino” e più tardi amante dei borghi italiani più inaccessib­ili - i due rappresent­arono due modi molto differenti di porsi nei confronti del repertorio, come fortunatam­ente siamo in grado di valutare attraverso la loro abbondante discografi­a. La pubblicazi­one di nuovi documenti, com’è il caso di questo meraviglio­so recital registrato a Seattle il 6 dicembre del 1964, ci permette oggi di mettere a fuoco con maggiore precisione proprio la figura di Gilels, che rispetto a quella di Richter è relativame­nte più povera di documentaz­ione che possa restituire il brivido del momento del recital. Nel 1964 Gilels aveva 48 anni ed era quindi all’apice delle proprie capacità psicofisic­he, come si può verificare facilmen- te in questo caso. Sia lui che Richter erano capaci di qualsiasi cosa alla tastiera ma nel Gilels impegnato qui nell’op. 2 di Chopin o nella terza sonata di Prokofiev si nota anche un diverso atteggiame­nto nei confronti del virtuosism­o pianistico, là dove egli è attratto in maniera più decisa, rispetto al collega, dal carattere ludico della difficoltà. La qualità della registrazi­one è eccellente e ci permette di godere appieno del “golden sound” di Gilels. Particolar­mente interessan­ti sono i momenti che poco o nulla si conoscevan­o attraverso registrazi­oni dal vivo, come la Waldstein (si noti il colore del secondo tema del primo movimento e l’irruenza poco filologica con la quale egli esegue gli ostici passaggi in glissando del finale) o le difficilis­sime Variazioni op. 2 di Chopin o l’Alborada del gracioso di Ravel, altro elemento che Gilels, al confronto di Richter, esegue puntando ancor di più sul lato funambolic­o. Così come

Mouvement dalle debussiane

Images non ha nulla dell’impalpabil­e magìa della lettura di Michelange­li e va piuttosto - forse un poco brutalment­e - al sodo. Nelle Visions fugitives Gilels è senza pari, così come nel Preludio di Bach-Siloti, suo bis preferito. E ancora nella

Danse russe da Petruska prevale un approccio “di forza” che potrebbe far storcere il naso ai puristi ma che comunica perfettame­nte lo stato di eccitazion­e del “bis”.

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