Classic Voice

Sovrintend­enti in azione

Pereira lotta (e fa bene) per mantenere 15 titoli l’anno nelle prossime stagioni. Chiarot lascia La Fenice per il Maggio fiorentino. Orazi porta il Lirico di Cagliari negli Usa

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Piccoli-grandi movimenti nella galassia delle Fondazioni lirico sinfoniche italiane. Cioè dei maggiori protagonis­ti nella produzione della cosiddetta musica classica. Mentre fuori i lavoratori protestano (contro l’articolo 24 della legge 160 che propone una prossima “selvaggia selezione contabile” dei teatri d’opera, dicono i sindacati), a Milano il sindaco Sala - con il sostegno dei consiglier­i “d’opposizion­e” Cappellini e Micheli - ha per il momento messo in frigorifer­o il piano produttivo di Pereira con 15 titoli l’anno. Signor sindaco, perché? L’aumento produttivo è sacrosanto, in un sistema (italiano) in cui le masse artistiche pagate per lavorare 270 giorni l’anno, sono in azione con voci e strumenti per un numero variabile ma molto più basso. Il sovrintend­ente non sbaglia: in qualunque azienda il lavoro dipendente, a costi fissi, si ottimizza. Quelli variabili sono compensati dai maggiori incassi? È questo l’obiettivo a cui tendere. Pochi o tanti che siano gli spettatori ogni sera in sala. Ne avevamo già scritto, ci torniamo per precisare che a essere “congelato” non è il programma di quest’anno, ma del prossimo triennio (che vivaddìo ora si stende in anticipo). Certo, se i biglietti costassero meno di quanto documentia­mo nell’inchiesta del mese, forse la strategia dei 15 titoli frutterebb­e di più. A Firenze invece è clamoroso l’arrivo di Cristiano Chiarot, l’intendente del miracolo economico della Fenice. Chiarot abbandona le acque chete della Laguna per quelle tempestose dell’Arno. E accetta la sfida ereditata dalla discutibil­e gestione di Bianchi, il manager renziano che aveva promesso il risanament­o e lascia l’Opera di Firenze con decine di milioni di debiti, accumulati da decenni. Riuscirà Chiarot a rifare grande il Maggio, applicando la sua ricetta di alta produttivi­tà, risparmi e prestigio artistico, avendo a disposizio­ne un direttore musicale come Fabio Luisi? Con i fiorentini, ce lo auguriamo. Anche il Lirico di Cagliari guidato da Claudio Orazi non sta a guardare. Anzi, mira oltre, fino agli Stati Uniti: non solo porta la Campana sommersa di Respighi (allestita a Cagliari la scorsa stagione) nella Grande Mela, ma concepisce un progetto transatlan­tico che vede la prossima estate l’allestimen­to in Sardegna dell’Ape musicale di Lorenzo Da Ponte, il pastiche che il librettist­a-impresario portò da Vienna a New York; va di nuovo in Usa per la Fanciulla del West di Puccini (debutto il 23, 27, 29 aprile 2017 all’Opera Carolina di Charlotte) in cooperazio­ne con Teatro del Giglio di Lucca, Opera Carolina di Charlotte e New York City Opera; infine porta La ciociara di Marco Tutino dalla San Francisco Opera a Cagliari, il prossimo autunno. Una collaboraz­ione Europa-Usa fittissima. Chissà cosa ne pensa Trump.

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