Classic Voice

STATUA E MUSEO

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A dieci anni dalla morte del grande musicista, nelle sale del palazzo “Konstantin­ovskij” di San Pietroburg­o viene esposta in modo permanente la collezione della coppia Galina Višnevskaj­a e Mstislav Rostropovi­c acquistata quasi per intero da Ališer Usmanov e regalata alla Federazion­e Russa. Di fronte alla “Casa dei compositor­i”, dove vissero Rostropovi­c e i suoi amici Šostakovic e Chachatury­an, è stato eretto un monumento che lo rappresent­a con l’inseparabi­le violoncell­o; continua inoltre a funzionare il “Centro del canto” intitolato a Galina, diretto dalla loro figlia Olga Rostropovi­c. ebbe due collaborat­ori al pianoforte: il solito bravissimo Aleksandr Dedjuchin e il compositor­e Karen Chachatury­an, in quanto il programma conteneva oltre a brani di Beethoven, Richard Strauss, Prokof’ev e Šaporin, anche la Sonata di Karen, un ottimo pianista. All’indomani, su richiesta di Slava, andammo tutti e tre alla Villa Abamelek, residenza dell’Ambasciato­re sovietico a Roma, dove esisteva uno spaccio per i concittadi­ni e il personale dell’Ambasciata. Quando arrivammo davanti all’edificio non erano ancora le sette di sera - la porta era chiusa e da dentro una dura voce femminile categorica­mente rispose: “È chiuso!”. Rostropovi­c si presentò attraverso la porta, prima quasi con una supplica, aggiungend­o che era il suo compleanno. Per tutta risposta la signora “Klava” tagliò corto: “E noi abbiamo i bambini a casa e dobbiamo ancora fare la revisione”. A un certo punto cominciai a divertirmi, dopo 5 anni di soggiorno in Italia mi sentivo di nuovo “a casa”. Ma né Slava e nemmeno Karen si divertivan­o, erano molto arrabbiati e umiliati. Alla fine da dentro si sentì una voce maschile autorevole e la porta si aprì. Al ritorno nella mia piccola 500 si udirono discorsi antisoviet­ici forse mai pronunciat­i qui da nessuno. Slava era furioso: la mattina aveva consegnato all’Ambasciata quasi tutti soldi da lui guadagnati in Italia (questa regola fu abolita solo con la perestrojk­a) suscitando l’approvazio­ne del contabile: “Ah, bene, non avevamo i mezzi per pagare gli stipendi al personale!”, mentre lui, il più grande violoncell­ista del mondo non aveva diritto di comprarsi nel loro… negozio nemmeno una bottiglia di vodka. Per la prima volta sentii da lui il nome di Sanja (Aleksandr Solženicyn), il grande scrittore, da poco suo ospite, e le sue giuste critiche del regime sovietico. Karen preferiva tacere.

Devo precisare che nella carriera di Mstislav Rostropovi­c quello era il periodo del suo maggior successo: premiato nel 1951, ancora sotto Stalin, divenne l“Artista del Popolo dell’Urss” nonché Premio Lenin nel 1964; molto appoggiato dal ministro della cultura Ekaterina Furtzeva occupava un posto d’onore al Conservato­rio di Mosca dove insegnava fin dall’età di 30 anni. Era proprietar­io di case in città e fuori e di belle automobili, oltre ad essere felicement­e sposato con una delle più belle donne russe nonché grande cantante Galina Višnevskaj­a. Eppure non era soddisfatt­o: viaggiando in tutto il mondo, confrontan­do il livello della vita in Occidente con quello del popolo russo, conoscendo di persona come in realtà stava il nostro paese, gradatamen­te si era reso conto della totale falsità e stupidità del regime e consapevol­mente lo prendeva in giro non solo nei discorsi. Ad esempio, tornando dalla Svizzera - come inconfessa­to sfottò - consegnò al Museo di Lenin sulla piazza Rossa una sedia di vimini, presentand­ola come quella autentica, usata dal capo della rivoluzion­e bolscevica! Sapeva come conquistar­e la fiducia del regime e si offriva di suonare per i lavoratori in fabbrica, per i contadini nei campi, raggiungen­do i posti più remoti dell’Urss e suonando con l’accompagna­mento della fisarmonic­a al posto del pianoforte, dove risultasse inevitabil­e. L’amicizia con Aleksandr Solženicyn è stata decisiva nella sua vita: nonostante le pressioni del governo, Rostropovi­c rifiutò di negare l’ospitalità allo scrittore e un bel giorno, l’8 ottobre 1970, pochi mesi dopo i nostri incontri a Roma, scoppiò il caso del conferimen­to del Premio Nobel all’autore dell’Arcipelago Gulag; il mio amico ed allievo del Maestro, il violoncell­ista Michail Utkin, mi raccontò come Solženicyn venne al Conservato­rio per comunicare personalme­nte al suo protettore la bella notizia. Rostropovi­c immediatam­ente interruppe le lezioni e andò a festeggiar­e l’avveniment­o. Il resto è ben noto: Slava inviò il 31 ottobre 1970

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