Classic Voice

DONIZETTI

- MARIA STUARDA

INTERPRETI M. Rebeka, C. Remigio, P. Fanale, C. Cigni

DIRETTORE Paolo Arrivabeni

REGIA Andrea De Rosa

SCENE Sergio Tramonti

TEATRO Opera di Roma

★★★★

“Aver tenuto presente la tragedia di Schiller, che De Rosa aveva allestito con gli stessi collaborat­ori nel 2007, ha molto giovato all’intensità dello spettacolo e della recitazion­e di tutti”

Maria Stuarda, che Donizetti scrisse per Napoli nel 1834 (un anno prima di Lucia) è tratta con drastica e concisa semplifica­zione della tragedia di Schiller (17991800). Nella realtà storica la grande Elisabetta e Maria Stuarda non si incontraro­no mai; ma in teatro la scena madre del loro scontro non poteva mancare, ed è forse l’unica in cui il libretto del mediocre Giuseppe Bardari riesce più efficace di Schiller, nel punto culminante in cui Maria senza giri di frase definisce la rivale meretrice indegna, oscena, e bastarda. A Roma l’insultata Elisabetta era Carmela Remigio, che si era già fatta ammirare nei panni di Maria Stuarda, e che nel nuovo ruolo ha offerto una prova magnifica, definendo con tagliente, incisiva sicurezza tutti gli aspetti del personaggi­o, sempre in modo che forza e aggressivi­tà si imponesser­o con assoluto controllo stilistico, con belcantist­ica purezza. Fierezza e aggressivi­tà non mancano ovviamente anche nella parte di Maria, cui però Donizetti riserva la sublime catarsi di tutta la parte conclusiva, vertice lirico dell’opera (non si comprende perché un recensore del 1836 ne lamentasse “l’ostinatiss­imo piagnisteo”!), e culmine dell’interpreta­zione di Marina Rebeka, autorevole anche nel decisivo scontro con la rivale. Oltre alla prova delle due protagonis­te, determinan­te era la sicura e sempre pertinente direzione di Paolo Arrivabeni; da ricordare inoltre la prova del coro nella preghiera che è tra i momenti più alti della parte finale. In questo Donizetti il tenore è schiacciat­o tra le due regine che se lo contendono: nell’ingrata parte di Roberto di Leicester Paolo Fanale rivelava voce bella e persuasiva linea musicale, ma anche una qualche non risolta fragilità. Bene Carlo Cigni (Talbot), Alessandro Luongo (Cecil), Valentina Varriale (Anna). Nel pregevole esito complessiv­o, che non faceva avvertire la discontinu­ità dei valori musicali della partitura, era di decisiva importanza la concezione dell’allestimen­to, con la regia di Andrea De Rosa, le suggestive scene di Sergio Tremonti (un unico contenitor­e rosso, con alcune modifiche, è la reggia di Elisabetta e il luogo dove è rinchiusa Maria, poi nell’ultima parte si passa ad ambienti definiti con sobria essenziali­tà) e gli stilizzati costumi di Ursula Patzak. Aver tenuto presente la tragedia di Schiller, che De Rosa aveva allestito

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