Piano FORTISSIMO
Si direbbe un fuoriclasse alla Argerich, Pollini o Blechacz. Attento all’eredità storica dei Cortot. Il 23enne coreano Seong-Jin Cho dopo l’oro al Varsavia guarda a Mozart e oltre. Fino a Ligeti, Boulez e Berg
Aggiudicarsi il primo premio al Concorso Chopin di Varsavia significa assumere successivamente una responsabilità non da poco nei confronti di un vasto pubblico e della critica, che si attendono dal pianista un grado di eccellenza assoluta, naturalmente non confinata all’interpretazione delle opere del compositore polacco. Il discorso si fa ancora più complesso per il fatto che nelle edizioni più recenti del Concorso non sempre il primo premio è stato indirizzato a chi, nel corso degli anni successivi, ha effettivamente sviluppato la miglior carriera o attirato giudizi unanimi di pubblico e di critica che confermassero quello della giuria. Il caso del giovane pianista coreano Seong-Jin Cho (è nato nel 1994) sembra invece riecheggiare i fasti di un tempo, quando non vi erano dubbi sul valore di giovani vincitori che si chiamavano Martha Argerich, Maurizio Pollini, Krystian Zimerman o Rafal Blechacz, casi di eccellenza assoluta sono noti a tutti.
Durante lo svolgimento dell’ultima edizione nel 2015, Cho ha sopravanzato tutti i concorrenti nelle prove del concorso e ha poi siglato un accordo con la Deutsche Grammophon che ha portato all’uscita di un paio di cd di notevole valore artistico, l’ultimo dei quali, con le quattro Ballate, i Preludi, la Polacca op. 53 e la Sonata op. 35 di Chopin e il Concerto di Ciaikovskij diretto da Noseda è stato di recente segnalato a cinque stelle sulla nostra rivista. Nel corso di questa intervista abbiamo cercato di entrare nello specifico di questioni interpretative utili a inquadrare un giovane personaggio davvero interessante; e oltretutto molto simpatico. Quali sono state le tappe fondamentali della sua formazione?
“Ho iniziato a suonare il pianoforte qua-
si per gioco all’età di sei anni, e in quel periodo ero già molto attratto non solamente dallo strumento ma anche dal suo inserimento nel contesto della musica da camera, anche se in quest’ultimo caso le mie idee sono mutate per quanto riguarda l’effettiva possibilità di gestire la mia partecipazione in quel contesto, visti i miei attuali impegni come solista. Le lezioni vere e proprie di pianoforte sono iniziate quando di anni ne avevo dieci. Ho seguito i regolari studi alla Seoul Arts High School in Corea e la mia preparazione pianistica deve molto alla professoressa Shin, che a propria volta aveva studiato con Kempff e Fleisher. Ho studiato cinque anni con lei, approfondendo soprattutto i grandi classici (Mozart e Beethoven). A 18 anni sono andato a Parigi a studiare con Michel Beroff e ho allargato molto il mio campo di interessi. Con lui mi sono dedicato soprattutto a Debussy, Prokofiev, Messiaen e oggi seguo ancora i suoi consigli pur non intrattenendo un vero e proprio rapporto formale come allievo”.
Dall’ascolto delle sue registrazioni si deduce che lei abbia una cura del suono e del fraseggio che denuncia un’approfondita conoscenza dei grandi pianisti storici, con un’attenzione non troppo rigorosa al rispetto della scansione ritmica.
“Ho ascoltato fin da ragazzo con molta attenzione le registrazioni dei pianisti storici più importanti e mi sono interessato in particolare a Cortot, Fischer, Schnabel. Benedetti Michelangeli è estremamente interessante soprattutto in Debussy. Erano pianisti che suonavano con grande libertà, ma allo stesso tempo erano unici e non possono certo essere imitati. Un pianista dei nostri tempi che ammiro molto è Radu Lupu. Devo dire che odio i concorsi perché richiedono al pianista di sottomettersi a regole strette per quanto riguarda il fraseggio, il rubato, ogni forma insomma di interpretazione che si allontana in parte dal segno inteso in maniera molto rigorosa”.
Quali sono i compositori ai quali si vuole dedicare all’infuori del contesto chopiniano?
“Data la mia età sono ovviamente ancora in una fase di estensione del repertorio, e ho diversi appuntamenti concertistici nei quali presenterò diverse nuove composizioni. Sul versante classico continuerò sicuramente la mia ricerca su Beethoven e Schumann e a breve il Mozart delle Sonate K 310, 332 e 333 e la Fantasia K 475. Al debutto alla Carnegie Hall in febbraio ho eseguito autori del Novecento come Messiaen, Ligeti e Boulez, oltre al Berg della Sonata op. 1. Mi piacerebbe molto anche esplorare il repertorio barocco - soprattutto Rameau e Couperin - anche se mi rendo conto che gli ornamenti tipici della scrittura di quel periodo sono estremamente difficili da realizzare sui pianoforti moderni. In via del tutto generale mi piacerebbe continuare almeno fino ai cinquant’anni ad allargare il repertorio, esplorare nuovi percorsi. Poi mi piacerebbe suonare comunque fino a tarda età, come i vecchi pianisti di un tempo… Dal punto di vista della programmazione dell’attività concertistica l’ideale sarebbe poter proporre al pubblico un nuovo programma almeno ogni sei mesi”.
Cosa c’è di nuovo nei suoi prossimi impegni e appuntamenti con il pubblico italiano?
“Terrò per l’Italia un concerto a Bologna il 30 maggio prossimo, con la Sonata K 332 di Mozart, le Images di Debussy e le quattro Ballate di Chopin. e ancora in Italia nella prossima stagione mi attendono concerti a Torino e a Milano. A marzo del 2018 debutterò nella stagione della Filarmonica della Scala”.
Diceva prima che la musica da camera non è più tra i suoi interessi …
“Sì, preferisco il recital e il concerto per pianoforte e orchestra. Penso che la musica da camera richieda la presenza di uno o più partner di alto livello. Poi penso ad esempio ai quintetti con pianoforte e alla difficoltà di trovare per tutti i partecipanti il tempo per affrontare un numero adeguato di prove”.
Come si è trovato a suonare a fianco di un direttore come Noseda?
“Per me è stato un partner ideale, è molto esperto anche nel campo della musica per il teatro e in un certo senso accompagna il solista come se questi fosse un cantante, permettendogli di esprimere tutto se stesso, anche nelle fluttuazioni del rubato”.
Le piace l’opera?
“Sì, ma... preferisco Rameau”.