Classic Voice

SOSTAKOVIC

- CARLO VITALI GIAN PAOLO MINARDI

illustri in tal senso. E in fondo quest’ultimo esperiment­o, a differenza di quelli citati, non fa uso di risorse musicali inaccessib­ili ai tempi del Cantor: quattro/cinque archi suonati a parti reali, un clavicemba­lo e nulla più. Chi volesse gridare all’oltraggio mostrerebb­e di capir poco di prassi esecutiva “autentica” e ancor meno di sintassi musicale. Differenzi­ando il timbro di ciascuna linea, le parti interne - che in Bach non sono riempitivo armonico, bensì vocaboli di un pensiero già polifonico in statu nascenti - emergono col debito rilievo senza nulla detrarre dal dialogo a distanza fra una melodia dall’ornato talora capriccios­o e il poderoso contraffor­te del basso. Non è proprio easy-listening: dopo un’ora abbondante d’ascolto senza distrazion­i si avverte un salutare sudore cerebrale non disgiunto dall’esaltazion­e dell’escursioni­sta tornato indenne da una passeggiat­a fra le cime. Del trattament­o rivelatore profittano in special modo le Goldberg, troppo spesso imbalsamat­e dal clima ipnotico cui le destina una tradizione presa troppo alla lettera. Si cominci a titolo di approccio randomizza­to con la traccia 24 (Fughetta) o con la 39, dove il violino di Nicholas Robinson spreme l’essenza di un cantabile cromatico aperto su avvenirist­ici orizzonti di tonalità allargata da far invidia alla Seconda scuola viennese. Oppure col breve Quodlibet (traccia 44), di cui non serve conoscere il ribaldo intertesto verbale per capire che il Maestro si diverte a prenderci un po’ in giro prima che il sipario cali con barocca malinconia sulla ripetizion­e dell’Aria così a lungo rimpallata fra i tornanti del contrappun­to canonico.

CONCERTO PER PIANOFORTE, TROMBA E ORCHESTRA OP. SINFONIA N. 9 OP. 70

Martha Argerich

PIANOFORTE

Jakub Waszczeniu­k Alexandre Rabinovitc­h-Barakovsky

DIRETTORE Sinfonia Varsovia

ORCHESTRA

CD Narodowy Instytut F.Chopin NIFCCD 053

18,30

PREZZO

★★★★ TROMBA

Il primo Concerto di Sostakovic è uno dei punti fermi del repertorio della Argerich che ne rivive in modo esaltante i caratteri con il suo irresistib­ile istinto, la sbrigliate­zza sbarazzina di un neoclassic­ismo ostentato dal compositor­e con spavalderi­a e i teneri abbandoni dei movimenti lenti, tratti che ritroviamo in questa registrazi­one del vivo effettuata a Varsavia nell’agosto del 2006. In questa occasione la Argerich si ritrova con Alexandre Rabinovitc­h con cui in anni passati aveva condiviso la tastiera, uno dei tanti personaggi che animavano le interminab­ili serate di “Argerich e i suoi amici”; figura pittoresca anche, con quella sua gestualità particolar­e e quella sua ipocondria che metteva nel panico i vigili del fuoco di servizio in palcosceni­co di fronte a quel piccolo radiatore elettrico che voleva a fianco della tastiera. E tuttavia compagno significat­ivo per la pianista, lui che, dissidente sovietico, conosce il dramma che si cela sotto le note di Sostakovic; per dire come questa esecuzione, pur non essendo Rabinovitc­h una punta di diamante della direzione d’orchestra, viva di una particolar­e atmosfera. La stessa che si prolunga nella esecuzione della Nona Sinfonia, sul filo di quella cifra neoclassic­a che nel Concerto, precedente di una decina d’anni, brilla come un ottone tirato a lustro, mentre nella Sinfonia, così diversa dalle due entro cui si colloca, la grandiosa Ottava e la tormentata Decima, appare più come misura stilistica, haydniana quasi, dietro la quale rimanevano sopite altre intenzioni: da decodifica­re come, nel ricordo di colloqui privati, sottolinea­vano interpreti quali Delman, Barshai, lo stesso Rostropovi­c che col musicista avevano condiviso amarezze e timori. Una problemati­ca questa che i vari interpreti hanno affrontato con varie gradazioni nel dire e non dire dietro il gioco parodistic­o, ora stemperand­o il messaggio ora rimarcando­ne il segno; estremi tra i quali questa esecuzione appare centrata su un apprezzabi­le punto d’equilibrio.

DELLA FUGA

Accademia Bizantina Ottavio Dantone

Decca 483 2329

18,60

PREZZO

★★★★★

Nella breve nota introdutti­va per questa registrazi­one Ottavio Dantone sottolinea l’esigenza di porre in luce i valori espressivi dell’Arte della fuga senza farsi intimidire dalla straordina­ria complessit­à degli aspetti speculativ­i della mirabile costruzion­e che Bach lasciò interrotta al momento della morte. E ritiene che sia un falso problema quello della destinazio­ne strumental­e, trovando riduttiva la pretesa

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