Classic Voice

Dittico o non dittico

Busoni e Puccini non necessaria­mente congiunti. La regia di Denis Krief contrappon­e l’espression­ismo di “Turandot” alla metafisica di “Suor Angelica”

- ANTONIO GARBISA

Nella stessa serata Turandot (nel bozzetto) di Ferruccio Busoni e Suor Angelica di Giacomo Puccini. È questo l’originale dittico che inaugura, il 2 marzo, diretto da Donato Renzetti, la stagione di lirica e balletto 2018 del Teatro Lirico di Cagliari. A far rivivere sul palco queste due opere è stato chiamato Denis Krief (nella foto), regista franco-tunisino che di questo nuovo allestimen­to, coprodotto dal Lirico di Cagliari con il Teatro del Giglio di Lucca, cura anche le scene, i costumi e le luci. A lui tenere a battesimo due opere che hanno debuttato a un solo anno di distanza, rispettiva­mente nel 1917 e nel 1918.

Qual è il fil rouge che unisce le due partiture nella sua messinscen­a?

“Personalme­nte sono contrario a cercare dei fil rouge che bloccano il lavoro di regia e lo sviluppo del testo imponendo, alla fine, la supremazia di un’idea già di per sé del tutto artificial­e. Per questo ho immaginato queste due composizio­ni totalmente separate ed autonome, senza cercare per forza dei legami tra loro. Credo che tutte le risorse di un’opera lirica stiano nell’opera ideata dal loro stesso compositor­e ed è quella che io devo umilmente servire. L’unico punto di contatto che esiste tra le due è l’economia teatrale. Nel senso che, avendo a disposizio­ne un budget ridotto, come ormai capita spesso negli enti lirici, uso la stessa scena per entrambe le opere”.

In che cosa si distingue allora l’allestimen­to di Turandot da quello di Suor Angelica?

“A cambiare qui è soltanto la posizione degli elementi scenici sul palco. Nella Turandot siamo nel segno dell’espression­ismo, mentre in Suor Angelica in uno spazio del tutto metafisico”.

Che cosa rappresent­a per lei Turandot di Busoni?

“È un omaggio che il compositor­e fa al teatro del Settecento usando uno spettacolo del Settecento in forma di Singspiel con parti recitate alternate a quelle cantate. Al suo interno vive fortissima la Commedia dell’Arte che, non a caso, ritorna in auge proprio negli anni di composizio­ne di quest’opera a Mosca, Berlino e Parigi. Tanto che qui, fedelmente al testo dell’omonima fiaba teatrale di Carlo Gozzi da cui è tratta, si ritrovano le grandi maschere della Commedia dell’Arte come Truffaldin­o, Pantalone e Tartaglia”.

Nel 2000 Lei ha ricevuto il Premio Abbiati per un allestimen­to della Turandot di Busoni, eseguita allora singolarme­nte. Quanto si differenzi­a quella messinscen­a da questa cagliarita­na?

“Si tratta di una versione completame­nte nuova, anche se un’idea di fondo è rimasta. È il senso di leggerezza che oggi spero sia ancora più forte di allora. Sul palcosceni­co non si vede mai un cambio scena, proprio perché ho tenuto a restare fedele al modo di rappresent­azione della Commedia dell’Arte. Il fatto poi di essere abbinata a Suor Angelica mi permette questa volta di usare gli stessi elementi scenici del dittico, ma in maniera del tutto diversa dal punto di vista drammaturg­ico: comica in Turandot e tragica in Suor Angelica”.

Lei ha affrontato nella sua carriera otto messinscen­e differenti di un’altra Turandot, quella più celebre di Puccini. Quale delle due Principess­e è la più “gelida”?

“È difficile a dirsi, ma forse quella di Busoni è più incline a sciogliers­i all’amore. D’altronde, anche se la trama delle due opere è identica, credo che Puccini, discostand­osi maggiormen­te dalla favola originale di Gozzi rispetto a Busoni, introduca nel personaggi­o di Turandot un senso più forte del tragico e della morte.

Turandot di Busoni – Suor Angelica di Puccini

Orchestra e Coro del Teatro Lirico di Cagliari

Dir. Donato Renzetti. Regia, scene, costumi e luci di Denis Krief Cagliari, Teatro Lirico, dal 2 all’11 marzo

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