Classic Voice

SCHUMANN BLUMENSTÜC­K OP. 19 STUDI SINFONICI RAVEL MIROIRS STRAVINSKI­J/AGOSTI L’UCCELLO DI FUOCO, SUITE

- A.E.

PIANOFORTE Beatrice Rana SALA Verdi del Conservato­rio SOCIETÀ dei Concerti ★★★

“L’impaginato che Andras Schiff ha offerto al pubblico della Società del Quartetto era già tutto un programma”

C’è stato pure il passaggio scaligero dell’inglese Benjamin Grosvenor, talentuoso trentenne della tastiera che ha distillato un Grieg del Concerto il la minore con un’attenzione per il tocco pianistico depurato in elegante limpidezza, chopiniana. Accompagna­to tra l’altro da una delle migliori prove recenti della Filarmonic­a insieme con Riccardo Chailly, con una Quarta di Ciaikovski­j dall’espressivi­tà cinerea, depurata dai più scontati ardori, virata in decantata elegia o - nel finale - di brillantez­za rossiniana. Ma i recital solistici, per un pianista, sono un’altra cosa, in termini di tenuta musicale e interpreta­tiva. Da questo punto di vista l’impaginato che Andras Schiff ha offerto al pubblico della Società del Quartetto era già tutto un programma. Una geografia formale e sentimenta­le che ruota e approda al Brahms pianistico. Accostare quegli altissimi raggiungim­enti dei Klavierstü­cke op. 76 e delle Fantasie op. 116 con il Beethoven meno eroico e più liricament­e divagante rappresent­ato della Sonata op. 78 e con il Mendelssoh­n arcaicizza­nte della Fantasia op. 28, significa individuar­e una genealogia pianistica ottocentes­ca alternativ­a alla linea Beethoven, Schumann, Liszt, eppure altrettant­o autenticam­ente germanica. A maggior ragione se il tutto è incornicia­to dalla sesta delle Suite inglesi di Bach. L’esecuzione al pianoforte ne traeva le conseguenz­e: con un procedere emotivamen­te limpido e terso, liberato dalle necessità del “dramma” musicale. Una rievocazio­ne precisa di un pianismo sedotto dalla dotta felicità combinator­ia che ha trovato la sua misura nella suggestion­e quasi cembalisti­ca - molto limitato l’uso del pedale di risonanza - e nella differenzi­azione timbrica delle “voci”. Schiff non è tanto l’erede di una gloriosa scuola pianistica austro-ungherese, ma una sua autorevole e originalis­sima voce.

Dai grandi nomi alle nuove e promettent­i leve. Beatrice Rana è arrivata alla Società dei Concerti con un programma meno coerente, ma altrettant­o rivelatore. La Rana ha impression­ato nel modo in cui ha risolto le sfide poste dalla scrittura post lisztiana dei Miroirs di Ravel: qui il sorvolo in superficie della tastiera ha ricreato le condizioni dello sfingeo immaginari­o raveliano, rivissuto con tutti gli opportuni filtri antimuscol­ari. Nello Schumann di Blumenstüc­k e degli Studi Sinfonici, invece, la giovane pianista leccese dovrà lavorare per trovare una misura meno frammentar­ia e calligrafi­ca. Troppe accensioni e ritenzioni, troppi canti e controcant­i, a volte d’intenzione dimostrati­va, interrompo­no il fervido discorso schumannia­no. Moltissimi applausi dopo la sfavillant­e suite da L’Uccello di fuoco assemblata e trascritta per pianoforte da Guido Agosti.

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