CIAIKOVSKIJ IOLANTA
INTERPRETI I. Churilova, N. Mavljanov, S. Trofimov, R. Burdenko, A. Markov DIRETTORE Valerij Gergiev ORCHESTRA E CORO dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia AUDITORIUM Parco della musica ★★★★
“Iolanta è parsa la punta massima di esplorazione concessasi dal piccolo Festival ceciliano poiché il rimanente s’è conchiuso entro il ciclo delle sei sinfonie che Gergiev ha proposto per la prima volta a Roma nella sua totalità”
Nella sala grande dell’Auditorium ceciliano sono state programmate tre rappresentazioni in forma di concerto dell’ultima delle opere teatrali di Ciaikovskij, quella Iolanta che, tratta dal fratello Modest da un testo del danese Henrik Hertz a sua volta derivato da una novella di Andersen, vide la luce nel 1892 al Mariinskij di San Pietroburgo. L’opera in un atto unico non ottenne la fortuna concessa al balletto Lo schiaccianoci che le aveva fatto da partner nella serata; e a cose fatte non è difficile farsene una ragione sceverando la differenza che si registra fra le due composizioni: fra le glorie indiscusse di Pëtr Il’ic il ballo, fra quelle di sicura nobiltà ma di non altrettale glamour popolare la piccola opera. Pure, Iolanta è tutt’altro che un salto nel buio: la maturità della scrittura non era di per sé un benefit per un autore che, può ammettersi, aveva ben poco da imparare dall’età avendo già da tempo mostrato quali vertici di tecnica orchestrale egli era in grado di proporre a prescindere da essa. La differenza, semmai, non è nel grado di acculturazione compositiva del Russo bensì nel modello entro cui si giocano le carte dell’impegno operistico. E insomma, molto apprendiamo sulla facoltà ciaikovskijana di sbizzarrirsi nell’acuzie della strumentazione, giocata tra evanescenze dei timbri ed epicità cavalleresca, entrambe di sommo equilibro fonico, e dell’invenzione tout court, che non è più quella di Onegin e Pikovaja Dama se non in occasionali momenti. Ma ciò detto solo per chiarire, molto si gode anche da questa Iolanta: perché, come un giorno scrisse Fedele d’Amico, quanto più penetranti sono certe opere minori del genio che non le più ricche del cosiddetto artista geniale.
Iolanta è parsa la punta massima di esplorazione concessasi dal piccolo Festival ceciliano poiché il rimanente s’è conchiuso entro il ciclo delle sei sinfonie che Gergiev ha proposto per la prima volta a Roma nella sua totalità; ma servono ulteriori indagini conoscitive salvo che al fine di riprovare la grandezza di autore e interprete? Era sul palcoscenico un team canoro in grado di suscitare plauso fervorosissimo nel pubblico, tenendo fede al riconosciuto
status produttivo di quello che a tutti gli effetti va giudicato oggi forse il maggiore teatro d’opera russo. Ma non sarà facile prescindere da una almeno minima attenzione verso quel gruppetto di voci che Gergiev ha portato con sé dal suo paese. Su tutte il soprano Irina Churilova, la cieca protagonista en titre: voce di grande suggestione lirica qual si può immaginare entro una scuola di canto ancora di rango come la russa; ma senza trascurare l’obbligo di far altresì menzione del basso Stanislav Trofimov, Re Renato, del Vaudémont del tenore Najmiddin Mavljanov e del guaritore moro Ibn-Hakia di Roman Burdenko. Ma anche negli altri interpreti, va ammesso, non uno che venisse meno a quel rango.