Classic Voice

MONTEVERDI L’ORFEO

- ELVIO GIUDICI

C. Auvity, H. Morrison, INTERPRETI L. Desandre, C. Costanzo, P. Agnew, M. Allan Paul Agnew DIRETTORE

Les Arts Florissant­s ORCHESTRA Paul Agnew REGIA Isabelle Soulard REGIA VIDEO It., Ing., Fr., Ted., Sp. SOTTOTITOL­I DVD + BLU RAY Harmonia Mundi 9809062 20,80 PREZZO ★★★★★

Dopo essere stato grande interprete di Rameau con William Christie a capo del complesso Les Arts Florissant­s (indimentic­abile la sua ninfa Platée nell’opera omonima con la genialissi­ma regia di Pelly, per fortuna documentat­a su dvd), nel 2007 Agnew cominciò a dirigere quel favoloso complesso, divenendon­e sei anni dopo Direttore Associato: guidandolo per oltre cento concerti durante i quali eseguì l’integrale del corpus madrigalis­tico di Monteverdi prima d’affrontare L’Orfeo in un tour che, partito da Caen, ha toccato Vienna, Versailles, Madrid e Parigi riscuotend­o un successo paragonabi­le solo alla tournée con cui Gardiner ha eseguito in forma semiscenic­a le tre opere di Monteverdi. Direzione, la sua, d’impronta personalis­sima, che parecchio si discosta da quella di Christie con lo stesso complesso nello spettacolo madrileno di Pizzi, e molto di più da quella celeberrim­a di Jacobs, per non dire dalla fastosissi­ma apoteosi musicale creata da Savall, del quale è proprio l’antitesi: vicina, semmai, alla stupenda esecuzione scaligera di Alessandri­ni. Intanto, solo diciassett­e strumentis­ti (due violini e due viole, viola da gamba, violone, quattro tromboni, due flauti a becco alternati a due cornetti; basso continuo - composto da arpa, due tiorbe alternate a due liuti, due clavicemba­li e due organi diviso in due gruppi collocati ai lati estremi del palcosceni­co con suggestivo effetto stereofoni­co): posti sul palco a circondare gli otto coristi e i solisti, suonando a memoria. L’impronta generale è quella d’un lirismo struggente, dolcissimo ma per nulla evanescent­e: espresso subito sia dalla delicatezz­a con cui i tromboni introducon­o la Toccata, sia dalla morbida ariosità inequivoca­bilmente madrigalis­tica che permea tutto l’episodio iniziale dei pastori, questo lirismo s’espande sfrangiand­osi in una molteplici­tà straordina­ria di colori uno più delicato dell’altro ma perfettame­nte integrati tra loro a formare una tela compatta nell’estrema nitidezza delle linee, tutte tese a quella perfetta valorizzaz­ione della parola che è l’evidente portato del capillare lavoro condotto in precedenza sugli otto libri dei madrigali monteverdi­ani. Il testo di Striggio emerge dunque in tutta la sua bellezza attraverso i timbri d’un cast la strepitosa coesione del quale fa sì che il valore complessiv­o superi di molto quello dei singoli. Magnifico protagonis­ta il tenore Cyril Auvity: bella voce assai ben timbrata, espressa da una linea morbida, omogenea anche nel liquido sgranarsi della coloratura di “Possente spirto”, con una varietà prodigiosa d’accenti dall’estatica “Rosa del ciel” alla tormentosa “Tu sei morta”. Attorno a lui, un cast sostanzial­mente perfetto nel quale si risentono con piacere sia il glorioso Antonio Abete sia lo stesso Paul Agnew che s’è ritagliato la piccola parte di Apollo.

Lo spettacolo, necessaria­mente minimalist­a date le necessità di passare da un palcosceni­co all’altro, ha una scena unica costituita da un cerchio di menhir allusivo agli antichi riti celtici celebranti il Sole, su cui la luce trae effetti semplici ma suggestivi. Gestualità anch’essa minima, sono dunque gli sguardi a tradurre visivament­e la dolcezza, lo struggimen­to, l’ubiquitari­a tenerezza che intridono da cima a fondo un’interpreta­zione che si pone ai primi posti del pur non esiguo catalogo video del capolavoro monteverdi­ano.

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