Classic Voice

MOZART CONCERTI PER PIANOFORTE N. 25 E 26

- GIAN PAOLO MINARDI

Francesco Piemontesi PIANOFORTE Andrew Manze DIRETTORE Scottish Chamber ORCHESTRA Linn CKD 544 CD 16,50 PREZZO ★★★

Si può cogliere subito la qualità dell’intesa tra il giovane interprete e la compagine scozzese guidata con occhio nitido da Andrew Manze nella condivisio­ne di una visione sonora sempre controllat­issima, nel dominio delle dinamiche strumental­i come nell’eloquio del solista. Un Mozart ben stagliato, un po’ rettificat­o se vogliamo, nella caratteriz­zazione dei due Concerti, appartenen­ti all’ultima stagione mozartiana: il Concerto in do maggiore K 503 conclude infatti il grande ciclo compositiv­o riservato a questo genere, legato essenzialm­ente alla circostanz­a per Mozart di presentars­i come pianista e insieme compositor­e di successo così come quello in re maggiore, K 537, noto come “dell’Incoronazi­one”, era legato all’occasione dell’incoronazi­one di Leopoldo II. Rispetto ai grandi esiti toccati dai capolavori fioriti tra il 1784 e il 1786 i due Concerti aprono

uno scenario nuovo, nel senso di una più complessa tessitura sinfonica per l’ampio Concerto in do maggiore mentre quello in re maggiore lascia intraveder­e dietro il tono scorrevole spunti innovativi che Charles Rosen ha addirittur­a inteso come premonitor­i dello “stile protoroman­tico di Hummel e di Weber ed anche al virtuosism­o dei primi concerti di Beethoven”. Consideraz­ioni che si spengono dietro il passo lineare del discorso che solista e orchestra vanno intessendo con trasparent­e misura: Piemontesi conferma quella pulizia di visione che si era già colta in un’ammirevole registrazi­one dei Préludes debussyani, pianismo nitido nel controllo del virtuosism­o della scrittura mozartiana come della gamma timbrica, piuttosto ristretta; non senza certe sottigliez­ze del fraseggio capace di cogliere i sottili turbamenti che sono solo di Mozart, come quando nel rondò del Concerto in do maggiore con un’inattesa modulazion­e fa apparire quella melodia di sublime semplicità che non riascolter­emo più e che non sfugge alla sensibilit­à di Piemontesi; la cui misura è attestata dalla scelta delle cadenze, quella di Badura-Skoda per il Concerto in re maggiore e quella di Gulda per quello in do maggiore.

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