Florio a Torino sceglie l’Orfeo “progettuale”
Antonio Florio, al debutto teatrale con il titolo monteverdiano, primo esempio di allestimento dove la musica invade la narrazione preannunciando l’opera che verrà
Una meraviglia del Barocco alla sua prima volta al Teatro Regio di Torino. In questa stagione 2017-2018 debutta infatti nel teatro del capoluogo piemontese, dal 13 al 21 marzo, L’Orfeo di Claudio Monteverdi, nuovo titolo del Progetto Opera Barocca che vuole omaggiare il padre di tutti gli operisti, colui che per primo diede forma e sostanza a un nuovo genere musicale traghettando la storia della musica dal periodo rinascimentale all’epoca barocca. A dirigere questo capolavoro, considerato il primo esempio di opera lirica giunto completo sino a noi, è ora uno dei massimi esperti di questo repertorio, il maestro Antonio Florio al suo debutto teatrale in questa partitura. Perché, dopo tanti anni di carriera nel repertorio barocco, arriva soltanto ora a dirigere L’Orfeo?
“Etichettato come direttore dedito ad opere della scuola napoletana, mi è stato difficile trovare spazio in un repertorio barocco più drammatico, ad eccezione de L’incoronazione di Poppea che invece ho già concertato. A questo poi c’è da aggiungere il fatto che qui in Italia non esistono molte occasioni per eseguire questi titoli, ad eccezione di alcuni festival o di alcune fondazione liriche come il Regio di Torino che includono nelle loro stagioni opere barocche”. Quali sono le peculiarità che fanno sentire ancora oggi vicino questo titolo?
“L’Orfeo è l’origine di tutto il teatro lirico, un grande capolavoro d’ispirazione a molti altri compositori a seguire, soprattutto per i suoi alti momenti drammatici. Rappresentato per la prima volta nel 1607 nel Palazzo Ducale di Mantova, è oggi riconosciuto e venerato come il primo esempio di lavoro drammatico nel quale la musica invade tutta la narrazione, il primo esempio di opera lirica giunto completo sino a noi. Qui Monteverdi utilizza toccate, sinfonie, balletti, lo ‘stile recitativo’, duetti e cori in stile madrigalesco che
assumono un ruolo fondamentale e drammaturgicamente importante. In poche parole, s’inizia a codificare quello che sarà lo stile dell’opera lirica. Tanto che nell’Orfeo troviamo una straordinaria scelta armonica ed un’attenzione particolare alla parola e alla situazione drammatica che portano a momenti sublimi come ‘Rosa del ciel, Possente spirto’ oppure ‘Questi i campi di Tracia’”. In che modo sarà composta l’orchestra per restare fedeli alla prassi esecutiva?
“Nell’organico delle orchestre moderne delle attuali fondazioni liriche non sono presenti alcuni strumenti indispensabili alle esecuzioni di opere barocche come, ad esempio, tiorba, arpe triple, flauti dolci, cembali, violone in Sol. E, in una partitura come L’Orfeo in cui, rispetto ad altre opere monteverdiane, viene espressamente specificato, in alcuni punti l’utilizzo di determinati strumenti, è giocoforza integrare all’orchestra altri ensemble. In questo caso ai professori dell’Orchestra del Regio si aggiungono i musicisti della Cappella Neapolitana, affidando loro il basso continuo, elemento musicale di fondamentale importanza nelle opere barocche, e gli strumentisti a fiato del complesso La Pifarescha”. Che tipo di voci richiede L’Orfeo?
“Sicuramente dei professionisti di questo repertorio che siano in grado di restituire, anche in un ambiente dalle vaste dimensioni di sala come il Regio, una vocalità fedele a questa scrittura compositiva. Così per raccontare di Orfeo, l’esperto cantore e abile suonatore di lira che, perdendo la sua amata Euridice, decide di scendere nell’Ade per strapparla dal regno dei morti, salgono sul palco, con la regia di Alessio Pizzech, ottimi interpreti come Mauro Borgioni nel ruolo del titolo, Roberta Invernizzi, Francesca Boncompagni, Monica Bacelli, Luigi De Donato e Luca Tittoto”. L’Orfeo di Monteverdi
Orchestra e Coro del Teatro Regio Cappella Neapolitana e La Pifarescha Dir. Antonio Florio. Regia di Alessio Pizzech Torino, Teatro Regio, dal 13 al 21 marzo