Suoni di guerra
Il centenario della fine della Guerra Mondiale ha mobilitato tutte le categorie della cultura militante per riflessioni anche su tematiche non squisitamente belliche; culturali e sociali. E con derive particolaristiche a loro modo istruttive e un po’ macabre (gli studi sulle “diete” di trincea, sulle mutilazioni, sui disagi psicofisici di reduci e famiglie, e via dicendo) bilanciate dalle derive “spettacolari” rappresentate dallo studio e (ri)proposta delle creazioni artistiche legate al Conflitto: musica, poesia, opere di mano o d’ingegno firmate da autori-soldati e nate “in trincea” (o quasi, nel caso di Maurice Ravel, forse il più celebre artista che credendo alla Guerra volle farsi combattente ma per ragioni di salute e statura fu autista nelle retrovie) oppure portate a termine nei mesi immediatamente precedenti (o successivi), quindi sotto il segno del tragico presagio e della protesta antibellica oppure del compianto funebre. Per non parlare di quelle che alla Grande Guerra furono per così dire “in debito postumo”, in un rapporto di causa-effetto con i fatti di sangue. Per limitarci al caso più fecondo e “fortunato”, pensiamo alla serie di pagine pianistiche per la sola mano sinistra legate alla menomazione subita da Paul Wittgenstein nel corso di un’azione sul fronte polacco: tra gli autori più celebri coinvolti e che risposero al suo appello ci furono Britten, Hindemith, Korngold, Prokof’ev, Ravel, Schmidt e Strauss (Panathenaenzug, 1927). Il già più volte citato Ravel rientra nel virtuale percorso bellico-musicale anche con la sua ultima composizione pianistica, messa su pentagramma negli anni di guerra 1914-1917. Ciclo di meravigliosa finezza e squisitamente neoclassico (già il titolo riprende il caratteristico omaggio musicalfunebre francese), Le tombeau de Couperin dedica ogni numero a un amico morto in guerra: Prélude a Jacques Charlot, Fuga a Jean Gruppi, Forlane a Gabriel Deluc, Rigaudon ai fratelli Pierre e Pascal Gaudin, Minuetto a Jean Dreyfus e Toccata a Joseph de Marliave (marito di Marguerite Long che suonò la prima esecuzione l’11 aprile 1919). Lo stesso Ravel tratteggiò l’urna funebre che compare sulla copertina del pezzo ma il tono generale della suite è tutt’altro che mesto. Una pagina poco concertistica, risalente ai primi mesi del conflitto che non aveva ancora coinvolto ufficialmente l’Italia, è il grottesco L’exécution du général scritto da Alberto Savinio e inserito nella raccolta Chants del la mi-mort (unici numeri dell’omonimo atto unico composto a Parigi nel 1913-15). Nella pagina fulminea, parafuturista e protestataria il musicista fratello intelligente di De Chirico sommerge di dissonanze le frasi spezzate dell’Inno di Mameli. Negli stessi mesi e nella stessa città, ispirandosi a cronache fotografiche dal fronte, Casella scrive Pagine di Guerra per pianoforte a 4 mani, quattro istantanee sonore che tracciano altrettanti confini europei della prima fase di Guerra; le indicazioni -vagamente “espressioniste” come la musica - sono esplicite: Nel Belgio: Sfilata di artiglieria pesante tedesca: In Francia: Davanti alle rovine della Cattedrale di Reims; In Russia: Carica di cavalleria cosacca; In Alsazia: Croci di legno. Oltrepassando il fronte italo-austriaco più celebrato dall’epica corale “alpina” - ma, ad esempio, la cosiddetta Canzone del Piave
fu un’invenzione borghese, non di trincea- ci si potrebbe imbattere in una fanfara militare di lingua tedesca che intona sull’altra sponda la Piave Marsch di Franz Lehár, che dal padre direttore di banda ebbe i primi insegnamenti musicali.
Su un altro fronte musicale, quello inglese poco noto, molti giovani compositori furono coinvolti, molti volontariamente, nella Grande Guerra. Alcuni perirono, come il 29enne Cecil Coles considerato uno dei musicisti più promettenti della sua generazione, morto nel 1918 e alla cui memoria Holst, ritenuto inidoneo alle armi per ragioni di salute, dedicò l’Ode to Death. Altri come Ivan Gurney - musicista e poeta, seguace-allievo di Ralph Vaughan Williams che era fuori età per partecipare alla guerra come militare, e brigò per arruolarsi nel Royal Army Medical Corps - tornarono in condizioni psichiche definitivamente alterate. Per tutti i reduci la Guerra fu oggetto di composizioni musicali: Arthur Bliss dedicò Morning Heroes
al fratello morto in combattimento e la Pastoral Symphony di Vaugham Williams fu pensata come elegia per i compagni caduti.