HEGGIE GREAT SCOTT
INTERPRETI J. DiDonato, A. Perez,
F. von Stade, N.Gunn, A.Roth Costanzo, K.Burdette
DIRETTORE Patrick Summers
ORCHESTRA Dallas Opera
2CD Erato 0190295940782
PREZZO 18,80
★★★★★
Bisognerebbe parlare a lungo - come sarebbe doveroso e come qui non si può fare - di quanto gli Stati Uniti vanno facendo da anni in ambito opera musicale. Una vastissima rete di teatri (privi di sovvenzioni statali: vivono di sponsor e botteghino, ovvero di gente che ci va e continua ad andarci) nei quali ogni anno va su un’opera nuova. Che riceve attenzioni identiche a quelle del repertorio; ai cui autori si chiede sempre nuovi lavori, che la gente torna a sentire in una consuetudine pubblico-autore che non differisce da quella, che so, del teatro di parola, del musical, addirittura del cinema. Con tanti saluti a chi proclama la morte del teatro musicale. Perché non è morto là dove la gente va a sentirlo. Ma ci va solo se si accetta di stabilire un contatto tra platea e palcoscenico: cosa impossibile laddove a) il linguaggio musicale non consente di capire una parola; b) è esso stesso di comprensione possibile solo agli addetti ai lavori; c) la storia è una non-storia tutta elucubrazioni mentali e aforismi pseudosimbolici. Che è come dire nove decimi del teatro musicale europeo da mezzo secolo in qua. Cosa che invece non è in area anglosassone (con l’Inghilterra sempre più confermantesi cinquantunesima stella della bandiera americana): dove agisce e prospera un gruppo di autori eterogeneo fin che si vuole, di livello qualitativo vario com’è ovvio, ma che comunque raggiunge un numero ormai nutritissimo. Autori che, per le suddette e anche per altre ragioni, da noi è sostanzialmente sconosciuto: per merito solo nostro e dei nostri direttori artistici. Va inoltre aggiunto che quasi tutto questo ormai vastissimo repertorio è disponibile su disco: prima dell’arrivo di Amazon, era oggetto di reiterate richieste presso negozi specializzati con relative estenuanti attese; oggi, qualche click e pochi giorni bastano per mettere i cd nel lettore e incavolarsi perché l’ennesimo lavoro oltretutto di robusto spessore teatrale sia da noi oggetto misterioso o, peggio, bollato col solito epiteto scemo di “americanata”. Prendiamo Jake Heggie. Ha composto un capolavoro di teatro musicale come Dead Man Walking, che ha già conosciuto diversi allestimenti ognuno dei quali ha girato moltissimi teatri americani, tutti sold out, e persino qualche sporadico teatro europeo. Vi ha fatto seguire altre sei opere, tra cui Moby Dick che ha riscosso successi entusiastici e, ultima, It’s a Wonderful Life (dal celeberrimo film di Capra) accolta anch’essa da recite esaurite ed acclamate. Questa sua Great Scott è la terza collaborazione con Terrence McNelly che, da grande scrittore di teatro qual è, ha steso una vicenda originale, senza alcuna derivazione letteraria: testo molto bello e d’immediata presa teatrale. Siamo in un teatro lirico. La diva internazionale Arden Scott è tornata nella sede dell’American Opera che l’aveva lanciata e che è ancora diretta dall’anziana ma mai doma Winnie Flato, come protagonista di un’opera dimenticata dell’Ottocento - Rosa Dolorosa, figlia di Pompei dello sconosciuto autore Vittorio Bazzetti (che rima con Donizetti…) - al fine di risollevarne le sorti. Sua collega e prossima rivale la giovane Tatyana Bakst, che riscuote un trionfo cantando al vicino stadio dove si svolge il Super Bowl l’inno della squadra locale, infiorettandolo di deliranti svolazzi virtuosistici. Il destino della periclitante compagnia sta nel successo di quell’opera rinvenuta per caso, che la grande diva riesce ad assicurare con un’esecuzione magistrale della grande scena di pazzia. Rivalità interne; vita di palcoscenico, con in testa l’abile e simpatico direttore di scena (un controtenore!); fantasma del compositore ritrovato che ammonisce la diva a non dedicarsi al passato ma di promuovere la contemporaneità, nonché a ricordarsi che la vera grandezza è questione di talento ma anche se non soprattutto di cuore; un antico e mai dimenticato amore che ricompare ancora innamorato; la rivale che si scopre essere già stata ingaggiata per le recite future dell’opera, ma stavolta come protagonista. Ce n’è, di carne al fuoco. Ma tutta padroneggiata con leggerezza, arguzia, acuto senso del teatro: che Heggie mette in musica con suprema abilità, dimostrandosi ancora una volta (come nei lavori precedenti nonché nei suoi magnifici cicli cameristici) eccezionale compositore per le voci. Inventa una plausibilissima scena di pazzia donizettiana e si sbizzarrisce in un’iradiddio virtuosistico per l’inno dei Grizzlies; in antitesi, delinea musicalmente ogni carattere impiegando diversi stilemi moderni amalgamati in un insieme coerente e privo di punti morti. Una gran bell’opera, insomma, che Summers provvede a dirigere molto bene valorizzando le magnifiche linee vocali. Joyce DiDonato è in gran forma, dimostrandosi perfetta nel passare da toni di commedia brillante a quelli dell’orgogliosa primadonna trionfatrice nella scena della pazzia, a quelli di un Viale del Tramonto appena accennato ma con già tutte le sue ombre in agguato. Ailyn Perez sprizza arrogante vitalità non perdendo un colpo nell’infernale coloratura dell’inno. Il controtenore Anthony Roth Costanzo è bravissimo come cantante e di contagiosa simpatia come interprete. Nathan Gunn ha la ruvida dolcezza di un maturo ma ancora prestante innamorato, e le parti di fianco sono perfette. Sicché, per l’ennesima volta, ci si pone la fatidica domanda: e il nostro teatro musicale, che fa? Aspetta, aspetta; un po’ per celia e un po’ per non morire. Come Butterfly. Che però, com’è noto, non fa una bella fine.