WALK IN BEAUTY
Emanuele Arciuli PIANOFORTE
2 CD Innova 255
d.d.
PREZZO ★★★★★
Emanuele Arciuli è un musicista di vasti orizzonti, chi non lo sa. Ma qui si aprono le praterie. La Bellezza in cui ha deciso di inoltrarsi è quella radiosa e sterminata delle terre che i bianchi hanno occupato agli americani veri, dei paesaggi che tolgono il respiro, dei tramonti in fiamme, della natura allo stato puro. Arciuli suona quella bellezza come la scrivono i nipoti dei nativi indiani. L’unico autore il cui nome sia volato anche da queste parti è Carl Ruggles; gli altri sono più o meno sconosciuti a chi non si chiami Arciuli. Non tutti, ma molti sì, “pellerossa”; e questo dà un senso pionieristico all’antologia che solo una libera mente aperta poteva pensare ed eseguire come-si-deve.
Il titolo dell’album, Walk in Beauty, viene da una suite in tre movimenti e sei pezzi di Peter Garland, immaginata come un trapasso dall’alba al tramonto citando passi di cerimonie peyote. Connor Chee deposita sullo Steinway un canto Navajo; Kyle Gann dedica la sua preghiera Earth Preserving Chant, commissione di Arciuli, alla salvezza del Golfo del Messico martoriato dalle trivellazioni di petrolio. Michael Daugherty fa ballare sui tasti una Buffalo Dance. Raven Chacon titola in lingua Navajo un pezzo che riversa “Venti che girano dal sole” su un pianoforte stravolto da una preparazione che richiede al pianista quasi di non suonare. Sorprendente.
Le Evocations di Carl Ruggles sono quattro Canti per pianoforte composti fra il 1937 e il 1943 in cui affiorano i riferimenti più occidentali. Toccanti nella loro verità pezzi come Ishi’s Song di Martin Bresnick, che fa danzare vecchi eroi per i quali facevamo il tifo contro gli stupidi musi bianchi. L’onore di un doppio passaggio, con The Osage Variation e i Four American Indian Piano Preludes, va a Louis W. Ballard (1931-2007), che Arciuli certifica come il primo indiano pellerossa accolto nella famiglia dei compositori colti americani. E nell’ultima Sound Gone di Talib Rasul Hakim, l’abbraccio è con il blues. Dal rosso al nero.
Arciuli, che di America se ne intende, per entrare meglio nello spirito di queste musiche è andato a registrare ad Albuquerque. Ma per trasmetterci il senso sorgivo di questa antiavanguardia non ne aveva bisogno: è solo un delizioso scrupolo.