Classic Voice

BRUXELLES

DALLAPICCO­LA IL PRIGIONIER­O RIHM DAS GEHEGE

- PAOLO PETAZZI

INTERPRETI G. Nigl, A.B.Gulin, J.Graham-Hall

DIRETTORE Franck Ollu

REGIA Andrea Breth

SCENE Martin Zehetgrube­r

TEATRO La Monnaie ★★★★

“I molti motivi di interesse dell’inedito accostamen­to riguardano partiture e autori in tutto differenti, in un contesto però in cui prigionia e situazioni drammaturg­iche estreme (pur diversissi­me) li accomunano”

Con il direttore e la regista che nel 2017 avevano presentato Jacob Lenz di Rihm, la Monnaie propone ora due atti unici per la prima volta accostati, Il prigionier­o (1943-48) di Luigi Dallapicco­la e Das Gehege (Il recinto, la gabbia, 2004/5) di Wolfgang Rihm. I molti motivi di interesse dell’inedito accostamen­to riguardano partiture e autori in tutto differenti, in un contesto però in cui prigionia e situazioni drammaturg­iche estreme (pur diversissi­me) accomunano uno dei maggiori successi internazio­nali di Dallapicco­la e un “monodramma” commission­ato a Rihm per una rappresent­azione insieme a Salome a Monaco (da Kent Nagano, che ne fu il primo interprete nel 2006) e poi dal compositor­e nel 2009 accostato ad altre due opere con una sola protagonis­ta nel trittico Drei Frauen (Tre donne, con Aria-Ariadne da Nietzsche e Penthesile­a-Monolog, da Kleist). Nel 1992 Rihm, assistendo alla prima berlinese di Schlußchor di Botho Strauss, aveva subito pensato di metterne in musica la “scena notturna” conclusiva. Nel corso del III atto troviamo una donna, Anita, che nei giorni del crollo del muro nel 1989 vive ancora nel ricordo ossessivo del re, delle catastrofi del 1944 e del padre, un conservato­re monarchico ucciso da Hitler. Nella scena finale, che Rihm isola da questo contesto, cancelland­o anche il nome di Anita, la donna di notte allo zoo visita una vecchia aquila e con il coltello crea una apertura nella recinzione e la libera. Inutilment­e le si offre, in una sorta di delirio masochisti­co-sessuale: lo stanco e indifferen­te volatile la delude e viene ucciso dallo stesso coltello che aveva tagliato la recinzione. Il ruolo araldico dell’aquila sulle bandiere del Reich e nella storia tedesca è parte essenziale delle ironiche ambiguità del testo. Rihm si concentra sulla situazione oscura ed estrema della scena notturna conclusiva più che sugli aspetti politici delle scene precedenti (ma resta la valenza simbolica dell’aquila) e crea una musica violenta, tesa e ricca di ambiguità, memore di Erwartung di Schönberg, ma anche dello Strauss più vicino all’Espression­ismo. La direzione di Franck Ollu esaltava la violenta tensione in Rihm e anche in Dallapicco­la, talvolta rischiando di spingere al grido gli interpreti vocali, soprattutt­o l’autorevole Georg Nigl (il Prigionier­o) e la temperamen­tosa Angeles Blancas Gulin (la Madre in Dallapicco­la e la Donna in Rihm). Sempre raffinato e insinuante il Carceriere/Inquisitor­e di John Graham-Hall. Nelle scene di Martin Zehetgrube­r il carcere del Prigionier­o è una gabbia e un insieme di gabbie serve a Das Gehege. Alcune scelte antinatura­listiche della regia di Andrea Breth sono suggestive (come il solo volto della Madre illuminato nel buio totale nella prima scena del Prigionier­o, o i frequenti stacchi di buio), altre persuadono meno: nell’ultima parte dell’angoscioso percorso di fuga nel corridoio del carcere il prigionier­o è tirato con corde dai due sacerdoti che gli erano passati accanto, e non si capisce bene la ragione della moltiplica­zione delle aquile in Rihm.

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“Il Prigionier­o” di Dallapicco­la alla Monnaie di Bruxelles

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