Mio marito luigi nono
Dall’incontro ad Amburgo alle nozze a Venezia, da Darmstadt alle amicizie con Pollini e Abbado, dal Perù dei guerrilleros massacrati al ‘68. Pensieri e ricordi registrati nel diario di una avventura artistica e umana unica
Queste sono alcune delle mie osservazioni tratte da foto e documenti che ho scelto per il racconto, a cominciare da due bellissime foto: nella prima mio marito è ritratto giovanissimo, doveva essere dopo che ci eravamo conosciuti, nell’altra è alla Giudecca, dove siamo vissuti sempre.
Amburgo 1954
Ho conosciuto Luigi Nono nel 1954, io e mia madre (mio padre era già morto nel 1951) eravamo stati invitati alla prima esecuzione in forma di concerto per la radio di Amburgo del Moses und Aron diretto da Hans Rosbaud, il quale aveva conosciuto mio padre prima della Guerra e aveva diretto le Variazioni per Orchestra op. 31 alla radio di Francoforte nel 1931. Luigi Nono era allievo di Hermann Scherchen che da giovane aveva diretto Pierrot Lunaire nella prima tournée, e che dopo la guerra era divenuto un musicista di riferimento per i compositori di quel periodo. Scherchen aveva incaricato Nono di preparare le parti orchestrali del Moses und Aron e Luigi, conoscendo già bene la partitura, voleva essere presente a questa prima.
Dopo la prova generale, presenti io e mia madre, chiese di essere presentato alla vedova di Schoenberg. Io non avevo mai sentito la musica di mio padre presentata a un pubblico così entusiasta. Incontrai tante persone che conoscevo solo di nome grazie alle lettere scambiate con mia madre. “Tu sei la figlia di Schoenberg”, esclamavano, io non ero abituata a una così grande accoglienza: in America non andavo in giro a dire chi ero, ero solo la sorella di Ronald, un bravo tennista. Per me fu un’esperienza pazzesca.
La sera della prima, che fu un successo straordinario, dopo l’esecuzione ci ritrovanmmo a cena. C’era una tavolata lunghissima, da un lato mia madre con il direttore d’orchestra, vari compositori, interpreti e i dirigenti della radio, dall’altra parte del tavolo c’ero io e più in là di fronte a me Luigi Nono. A un certo momento lui cominciò a farmi un sacco di domande in tedesco. Su mio padre, ma anche sull’America, sulla politica: lui leggendo l’Unità sapeva più di me di scioperi a Detroit e altro.
A un certo momento non sapevo come rispondere perché non ricordavo come si diceva la parola “governo”. Tanta era l’intensità del suo sguardo, puro magnetismo, che mi misi a gridare senza pudore verso mia mamma che era lontana e le chiesi, in inglese: “How do you say government in German?”. Mia madre rispose tranquilla. Io ero un tipo timido, non avrei mai alzato la voce in quel modo. Non lo dimenticherò mai, sentivo l’urgenza di comunicare con quell’uomo.
Roma, Darmstadt, Venezia
Fu la scintilla che fece scattare l’amore con Gigi, che rividi un paio di settimane dopo a Roma. Andai con lui a un festival che comprendeva una sua composizione: Severino Gazzelloni eseguì l’Epitaffio per Garcia Lorca n. 2, “Y su sangre ya viene cantando”, per flauto e piccola orchestra, trovai quella musica molto bella. Non c’era posto nella sala, eravamo senza biglietti, ci sedemmo sulle gradinate.
Con mia madre rimanemmo a Roma per due settimane, lui mi portò a vedere chiese e musei, la spiaggia di Ostia, capii quanto lui conoscesse l’arte. Tornai in America e per un anno ci scrivemmo: ricevevo cartoline, lettere sulla musica, su di me e su quello che stava succedendo dappertutto. Un giorno mi arrivò la partitura di Liebeslied dedicata a me e con un testo scritto da lui stesso. Gigi si interessava a tutto, oltre alla musica di varie culture e di varie epoche.
Nel 1955 tornai in Europa per raggiungerlo ai corsi estivi di Darmstadt, dove Gigi avrebbe fatto eseguire Incontri. Con il mio ritorno in Europa, a Darmstadt, il risultato fu che ci fidanzammo, e nell’agosto del 1955 ci sposammo a Venezia, la sua città.
Malipiero, Maderna, Scherchen
Gigi aveva studiato come esterno al Conservatorio di Venezia con Gian Francesco Malipiero; poi siccome gli interessava tutta la musica contemporanea di allora, Malipiero lo mandò da Bruno Maderna.
Con Bruno studiavano la musica del Cinquecento insieme alle musiche moderne (di Webern, Schoenberg o Varèse) con un metodo comparativo dal punto di vista dei diversi modi di affrontare i problemi compositivi.
Nono rimase amico di Maderna tutta la vita.
Come ho già detto a proposito del Moses und Aron di Amburgo, Gigi era stato allievo di Hermann Scherchen. Lo aveva conosciuto nel 1948, perché questi aveva fatto per la Biennale di Venezia un corso di direzione d’orchestra: molte lezioni avevano luogo al Lido, e Gigi mi raccontava come per il gran caldo gli allievi, nuotando attorno al direttore, cantavano le fughe che stavano studiando. Ci sono anche delle belle fotografie del gruppo degli studenti in barca.
Varèse, Stockhausen, Steinecke
Gigi a Darmstadt incontrò Edgar Varèse e Karlheinz Stochausen, I “Ferienkurse für neue Musik” a Darmstadt
diretti da Wolfgang Steinecke e fu Scherchen a presentare Nono con le sue Variazioni canoniche sulla serie dell’op. 41 di Schoenberg. (all’Archivio Luigi Nono a Venezia si può vedere un facsimle di quest’opera a grandezza naturale con le annotazioni autografe). Un importante incontro a Darmstadt per Gigi è stato Edgard Varèse. Tra gli studenti furono Stockhausen, Boulez, Pousseur e giovani dai molti paesi europei.
Alla cena d’inaugurazione del corso del 1955, c’erano il sindaco e l’assessore alla cultura e tutti i musicisti. Lì abbiamo annunciato il nostro fidanzamento.
Steinecke era lungimirante. Era riuscito a immaginare che, dopo la guerra, parte della musica importante che era stata proibita sotto il fascismo e il nazismo andasse ripescata e fatta crescere. Steinecke nel ruolo di direttore dei Ferienkurse - e anche come critico musicale - invitò grandi personaggi. Molti di loro non erano rimasti in Germania durante la Guerra. Li mise a insegnare sia tecnica di esecuzione sia analisi di musiche che prima erano vietate e anche musiche che i giovani stavano scrivendo in quel tempo. Gli studenti erano strumentisti oltre che compositori. Quando i pezzi venivano eseguiti era un momento di ascolto e di confronto. Di conseguenza tutti i vari Boulez, Stockhausen e giovani polacchi e cecoslovacchi acquisirono informazioni utili alla loro formazione musicale. Spesso si trovavano seduti su un prato, ognuno con le proprie idee ma pronti ad ascoltarsi e discutere insieme.
Gigi non aveva mai incontrato mio padre ma conosceva la sua musica: quando Scherchen diresse Un sopravvissuto
di Varsavia, oratorio per voce recitante, coro maschile e orchestra del 1947, l’ascolto ebbe un’enorme influenza su di lui, che in gioventù aveva partecipato alla Resistenza contro il Fascismo.
Silvia e Serena Bastiana
Abbiamo avuto due figlie. Silvia, che lavora a Roma per le edizioni Emons, e Serena Bastiana, che è pittrice, e che ha ideato e organizzato il “Festival Luigi Nono alla Giudecca” lo scorso ottobre. Serena ha anche fatto un film basato sui super otto di famiglia realizzati durante la nostra vita a Venezia e durante i nostri viaggi. Filmetti senza sonoro ai quali lei ha aggiunto una traccia audio con frammenti di musiche di Gigi e di altri , con la sua voce mentre commenta la politica e con registrazioni di personalità della musica e della cultura,
È un ritratto di famiglia originale che descrive com’era la vita alla Giudecca negli anni Sessanta e Settanta, un aspetto che lascia sempre stupito lo spettatore.
Dediche e grandi interpreti
Oltre ad aver dedicato pezzi a me, a Silvia e a Serena, Gigi dedicò sue composizioni a persone e gruppi di persone. A Maderna la Canzone per 8 solisti Sarà dolce tacere da La terra e la morte di Cesare Pavese (1960). A Silvia Ha venido canciones para Silvia (1962) con testo di Machado, a Serena Per Bastiana – Tai Yang Cheng per nastro e orchestra del 1967. A Claudio Abbado con Maurizio Pollini quando hanno eseguito alla Scala nel 1972 Como una ola de fuerza y luz per soprano, pianoforte, orchestra e nastro... E ancora, Con Luigi Dallapiccola per 6 esecutori di percussione e live electronics, in prima esecuzione alla Scala il 4 novembre del 1979.
Anche nelle composizioni a sfondo politico come Il canto sospeso (1956) sulle lettere dei condannati a morte della Resistenza europea c’è sempre una dedica. La musica nasce da un metodo ma anche da un’emozione, dal rispetto o dall’amore. E lui non si vergognava di dirlo. Ricordo anche gli amici molto importanti che lavoravano con lui in serenità, si rideva. Il Quartetto LaSalle, per esempio, al quale dedicò il suo brano per quartetto d’archi del 1980 Fragmente – Stille, An Diotima. Era dal 1955, quando si erano incontrati a Darmstadt, che gli chiedevano di comporre per loro. Continuarono a chiederglielo fino al 1980, quando appunto l’ebbero con dedica e l’eseerano
guirono in prima a Bonn il 2 giugno.
Gigi ebbe la fortuna di poter contare su esecutori straordinari, Pollini e Abbado fra i tanti, poi per La Fabbrica illuminata, il mezzosoprano Carla Henius. La parte per nastro magnetico era stata realizzata presso lo Studio di Fonologia di Milano. Quando lei arrivò a teatro per le prove e sentì cosa aveva fatto Gigi allo Studio rimase scioccata. Riusciva a tirar fuori da cantanti e strumentisti espressioni che loro stessi non sapevano di avere. E a proposito dello Studio di Fonologia, Omaggio a Emilio Vedova, del 1960 per nastro a quattro piste, è il primo pezzo composto con musica elettronica.
Musica, scene e regia
Sempre del 1960 è Intolleranza. Voleva sempre comporre per il teatro ma non si trattava solo di musica nuova, ma anche di rinnovare regia e scenografia in parallelo al comporre.
Per la prima assoluta di Intolleranza - alla Fenice di Venezia nel 1961 - si trovò Josef Svoboda per l’allestimento tecnico: fu lui a creare la scena con varie forme di “schermi” sui quali venivanno proiettati con 8 proiettori i fantastici disegni di Emilio Vedova. Poi ci fu la questione dei dissensi alla prima assoluta, che non furono generali bensì di un gruppo di ragazzi istruiti per fischiare e lanciare volantini. Il pubblico gridò loro contro perché la smettessero, poi la polizia li espulse.
Nel caso dell’Istruttoria di Peter Weiss rappresentata a Berlino nel 1965 con la regia di Erwin Piscator, un pezzo per teatro preso dai verbali del processo contro i nazisti a Francoforte, gli inserti musicali che Gigi aveva registrato allo Studio di Fonologia sottolineano emotivamente il buio fra ognuno degli undici canti - così li chiamò il regista in cui si rappresenta l’accusa della vittima e la replica del carnefice nazista. Musica che è poi diventata anche pezzo da concerto.
Dalla parte dei guerrilleros massacrati
Due anni più tardi, nel 1967, Nono venne invitato da Alberto Ginastera a Buenos Aires, dove tenne un corso di un mese con i compositori dell’America Latina presentando anche le musiche dei giovani europei. Finito il corso andammo su invito degli allievi a Santiago del Cile, poi in Perù, dove gli furono chieste quattro conferenze all’Universidad Mayor de San Marcos a Lima. Erano programmate per la settimana successiva. Mentre sorvolavamo le Ande, ci spiegarono dei partigiani gettati vivi da un elicottero.Vedemmo la grande povertà e fu un’esperienza toccante. Tornammo a Lima, uscendo dall’aereoporto vedemmo un grande manifesto che inneggiava al primo concerto che l’Orchestra nazionale peruviana dedicava alla “gloriosa Guardia Civil”, ossia il corpo di polizia che provvedeva a far sparire partigiani e dissidenti. Gigi andò per fare la prima conferenza e disse che se l’Orchestra peruviana dedicava alla Guar- dia Civil del Perù, lui dedicava le sue conferenze agli guerilleros massacrati dalla Guardia Civil.
Il giorno dopo la polizia politica si presentava all’albergo. Gigi mi chiamò per dirmi che lo stavano portando via, di chiamare l’ambasciata italiana e di andare là con le bambine.
Lo interrogarono tutta la notte: pensavano che fosse andato a trovare il Che Guevara in Bolivia. La mattina dopo sarebbero venuti a ispezionare le valige. Tornati dall’università, buttammo via delle lettere destinate ad amici a Cuba che altrimenti sarebbero finiti nei guai. Ne tenemmo una soltanto in una delle quattro valige perché era importante. Incominciò l’ispezione, le aprirono una ad una fino alla terza: nella quarta valigia c’era la lettera ma anche una bambola di mia figlia Serena. Come il poliziotto provò ad aprila lei lo fermò dicendogli che la sua bambola non doveva essere svegliata. Lui la guardò con tenerezza e si fermò. Fu un miracolo. Il cuore latino del militare era venuto in nostro aiuto. Scoprimmo più tardi che non tutti i militari erano allineati al regime della Guardia Civil. In ogni caso entro 24 ore dovevamo partire. Gigi mi disse che dovevamo andarcene entro le 11, cioè prima della rappresentazione del video sul suo A floresta é jovem e cheja de vida, dedicata al Fronte nazionale di liberazione del Vietnam. Fu un sollievo quando giungemmo a Panamà.
Il ‘68
Poi arrivò il ’68, la Biennale di Venezia con un’enorme manifestazione, migliaia di poliziotti, intellettuali di sinistra che con artisti, musicisti, operai protestavano contro le istituzioni. Gigi scrisse Musica-Manifesto con dedica a Carlos Franqui, rivoluzionario poeta cubano, dove in una parte ci sono gli slogan del ‘68 parigino.
Milano e Friburgo
Nel 1980 Gigi non può più lavorare allo Studio di Fonologia della Rai. E viene invitato allo Sperimental Studio Heinrich Strobel di Friburgo. Lì collabora con Hans Peter Haller, fisico acustico e musicista, capace di inventare macchine per fare musica che si muove nello spazio. Lì nasce il live electronics, merito di tecnici bravissimi, con i quali Gigi lavorava benissimo. Anche a Milano c’era Marino Zuccheri, importantissimo per Gigi, e l’atmosfera di lavoro era un mix di allegria e rigore, caratteristica che aveva accompagnato anche il modo di comporre di mio padre.
(testo raccolto da Alessandro Traverso)