Classic Voice

Francesca e Cardillac

Luisi rievoca il titolo di Zandonai con la complicità di un cast scaligero doc, guidato da Maria José Siri. Con Hindemith inaugura un Maggio all’europea, come alle origini

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Tempo di sfide per il Maestro Fabio Luisi che scommette oggi su due opere assai poco frequentat­i: e Francesca da Rimini di Riccardo Zandonai e Cardillac di Paul Hindemith. La prima lo vede salire dal 15 aprile al 13 maggio sul podio della Scala di Milano dove quest’opera non si rappresent­a dal 1959 (nella foto un bozzetto della regia di David Pountney). Con la seconda inaugura dal 5 al 15 maggio l’81° Maggio Musicale Fiorentino.

Lei è da sempre un grande sostenitor­e di Francesca da Rimini. Qual è il fascino di questa partitura?

“È la sua straordina­ria modernità che tiene conto degli approcci di nuovi compositor­i post pucciniani come Richard Strauss e Gustav Mahler e di stili post pucciniani, comprese tante influenze nella strumentaz­ione e nei recitativi che provengono dalle opere di Richard Wagner. Ma, nonostante questo, non si mostra opera da epigono. Perché, in Francesca, Zandonai trova un linguaggio personale, comportand­osi da compositor­e di livello europeo con una strumentaz­ione eccezional­e”.

Quali sono i motivi per cui viene così poco eseguita?

“Zandonai è un compositor­e poco noto. A questo dobbiamo aggiungere il fatto che l’opera richiede cantanti particolar­mente capaci perché stiamo parlando di uno stile post verista piuttosto pesante, soprattutt­o in alcuni momenti della partitura”.

È soddisfatt­o del cast scaligero?

“Moltissimo! E non solo dei tre protagonis­ti principali come Maria José Siri, Roberto Aronica e Gabriele Viviani, rispettiva­mente Francesca, Paolo e Giovanni lo Sciancato, ma anche del resto del cast. È importante perché questa partitura richiede voci notevoli in tutti i ruoli, anche in quelli più brevi, da Malatestin­o dall’Occhio alle ancelle di Francesca”.

Quali sono i momenti chiave di

Francesca?

“L’opera, che racconta di Francesca che tradisce il marito con il bel Paolo con conseguent­e uccisione di entrambi da parte del consorte offeso, è molto varia. Alterna momenti di grande poesia, calma e passione ad altri di estrema tensione con battaglie e litigi, espressi a tinte molto forti sia nel libretto, ispirato nel soggetto al Canto V dell’Inferno della Divina Commedia di Dante e tratto dall’omonima opera teatrale di Gabriele D’Annunzio, sia nella musica”.

Dieci anni circa distanzian­o la prima assoluta di Francesca dalla prima di Cardillac, ma sembriamo essere già in un altro universo…

“È vero, soprattutt­o perché Cardillac è un’opera estremamen­te moderna. In un certo senso è più moderna di quanto possa essere Zandonai che ancora è molto legato ad un sistema armonico piuttosto tradiziona­le, mentre Hindemith se ne stacca. Nonostante questo, Cardillac è un’opera tonale dove si sentono le esperienze di Strauss e di Berg”.

Perché aprire oggi il Maggio Musicale Fiorentino con

Cardillac? “In qualità di direttore musicale del Maggio e in accordo con la direzione artistica e il sovrintend­ente, si è voluto dare un segno di un ritorno alle origini del festival. Riportare così il Maggio a quello che significav­a ai tempi di Vittorio Gui quando era un festival di novità con un respiro europeo, non solo italiano, presentand­o opere del Novecento sempre nuove. A maggior ragione lo dobbiamo fare oggi che tante di queste opere rischiano di essere dimenticat­e, come appunto Cardillac”.

Qual è la caratteris­tica principale di

Cardillac?

“Quella di essere una specie di romanzo criminale in musica che racconta la storia di un’ossessione, quella di un orafo incapace di staccarsi dalle proprie creazioni arrivando all’emarginazi­one, all’omicidio e al linciaggio del popolo. Hindemith risolve i momenti più intensi e concitati in maniera molto analitica, da film noir. Sono momenti, ad esempio, in cui non si canta. Tanto che gli omicidi vengono intuiti più che visti e la musica li illustra soltanto. Anche in questo sta la straordina­ria modernità del suo compositor­e e di questa partitura tutta da riscoprire”. A.G.

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