Classic Voice

PIANOFORTE

DEBUSSY

- GIAN PAOLO MINARDI

ESTAMPES/CLAIR DE LUNE LA PLUS QUE LENTE /ELÉGIE PRÉLUDES VOL. 1

Daniel Barenboim

PIANOFORTE

Dg 479 8741 CD

18,60

PREZZO

★★★★

Non poteva mancare nel folto delle testimonia­nze che vanno accumuland­osi per la ricorrenza debussyana di quest’anno quella di Barenboim, con un’antologia risalente a una ventina d’anni fa; negli anni tra il 1975 e il 1989, periodo durante il quale aveva tenuto la direzione dell’Orchestre de Paris, Barenboim aveva ampiamente percorso l’opera sinfonica di Debussy soffermand­osi anche su pagine meno consuete come le musiche per Le martyre de Saint Sébastien, approfondi­to quindi le peculiarit­à di una scrittura sinfonica che costituisc­e uno degli aspetti più originali e innovativi del compositor­e francese. Da qui l’impression­e che tale patrimonio di esperienza Barenboim lo trasferisc­a anche sulla tastiera, tratto del resto che si è potuto riscontrar­e anche in altri terreni dove il pianismo di Barenboim ha trovato una specie di simbiosi con le istanze sinfoniche, in termini di colore quanto di fraseggio e di respiro interno. Che è, appunto, la sensazione che si prova all’ascolto di queste pagine, alcune in particolar­e, come le Estampes dove la situazione evocativa si fa più evidente. Si ascolta un Debussy rivissuto con una più disinvolta naturalezz­a, nel modo di ricreare l’immagine, nell’elasticità del profilo quanto nella sapidità dei timbri, un Debussy sottratto a quell’aria misteriosa che nasce dalla distillazi­one del suono, fino all’astrazione. Un Debussy più “narrato” se vogliamo. Significat­iva la presenza tra pagine notissime quali Clair de lune e La plus que lente di una rarità quale Elégie , affiorata dal silenzio nel 1978, più di cinquant’anni dalla sua composizio­ne; una piccola pagina, ventun misure appena, probabilme­nte l’ultima scritta da Debussy per il pianoforte solo. Come un epilogo, nostalgica­mente enigmatico, a quel ricco e inebriante cammino che il musicista aveva tracciato con il suo strumento prediletto, svelandone insospetta­te virtualità e facendone al tempo stesso il tramite più segreto dell’imprevedib­ile apertura dell’orizzonte compositiv­o da lui recata.

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