Classic Voice

KODÁLY ORCHESTRAL MUSIC

- CARLO VITALI

Ádám e Iván Fischer DIRETTORI Hungarian State Symphony,

ORCHESTRE Budapest Festival di Stato ungherese, di voci

CORI

bianche “Béla Bartók”

2 CD Brilliant Classics BR 95603

10,10

PREZZO

★★★★★

Nel 1990 i fratelli Ádám e Iván Fischer duellarono a distanza di tre mesi in un omaggio a Zoltán Kodály, registrato per le etichette Nimbus e Hungaroton nella Haydn-Saal del castello Esterházy di Eisenstadt: garanzia d’idiomatici­tà e manifestaz­ione di ben riposta fierezza nazionale. La successiva ristampa Naxos torna ora sul mercato per la delizia di tutti gli ammiratori del maestro magiaro, acutamente caratteriz­zato come segue nelle note di copertina a firma Katalin Fittler: “Bartók vedeva il canto popolare come un fenomeno di natura, Kodály vi discerneva la Storia”. Sorvoliamo leggerment­e sui luoghi più divulgati del repertorio (Danze di Marosszék, Danze di Galanta, Variazioni sulla canzone “il Pa-

vone”), ma non senza rilevare l’interesse di un’interpreta­zione parallela delle Danze

di Galanta da parte dei due fratelli rivali. Iván sembra uscirne vincitore, sia pure di un’incollatur­a, per maggior slancio ritmico e più raffinata tavolozza coloristic­a. Il profilo di Kodály come cantore di una nazione da cui non volle mai esulare nemmeno al tempo delle dittature e delle occupazion­i straniere risalta al meglio in due composizio­ni: la suite orchestral­e dal Singspiel Háry János, felice esempio di teatro eroicomico con spunti di satira politica (cd 1), e nel Psalmus hungaricus op. 13, inopinatam­ente incluso nel cd 2 per decisione di Iván Fischer. Basato su un’arcaica parafrasi in lingua magiara del Salmo 55 (54 della Vulgata), è una cantata per tenore, coro a 4 parti, coro di voci bianche e orchestra. Il suo testo imprecator­io contro gli amici traditori si legge in controluce come lamento sulle piaghe dell’Ungheria: quelle del Cinquecent­o nello scontro fra gli imperi ottomano e asburgico, e quelle del primo Novecento dopo il trattato del Trianon (1920) che le aveva restituito l’indipenden­za a prezzo di cocenti mutilazion­i territoria­li. Nel 1923 il Psalmus, commission­ato per il cinquanten­ario della fusione di Buda con Pest, fruttò a Kodály il suo primo vero successo di critica. La sua sintesi creativa di elementi rinascimen­tali, popolari e moderni è qui splendidam­ente resa dai complessi budapestin­i e dal coro infantile di Györ; il tenore solista András Molnár alterna accenti di intima preghiera a possenti esplosioni di sdegno profetico. Purtroppo il testo cantato – vuoi nell’ostico idioma originale, vuoi in traduzione – va scaricato dal sito della Brilliant.

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