Classic Voice

RECENSIONI CD & DVD

- ELVIO GIUDICI

P. Hunka, A. Kravets, V.

INTERPRETI

Gimadieva, A. Zwierko, S. Tehoval, A. Dolgov, K. Shushakov

Alain Altinoglu

DIRETTORE

La Monnaie Symphony

ORCHESTRA

Laurent Pelly

REGIA

Myriam Hoyer

REGIA VIDEO

It., Ing., Fr., Ted., Sp.,

SOTTOTITOL­I

Ol., Cor., Giap.

DVD BelAir BAC147

29,70

PREZZO

★★★★★

Traendolo da un racconto arabo, Puškin scrisse il suo graffiante poema in versi nel 1834: regnante Nicolai, la cui ascesa al trono nove anni prima aveva coinciso con la rivolta di dicembre, e la cui politica gli stava valendo l’appellativ­o di “gendarme d’Europa”. Quando RimskijKor­sakov decise di rompere quel silenzio in cui s’era immerso e di volgersi proprio a quel poema per scrivere una nuova opera, erano passati settant’anni e s’era invece nel 1906. Regnava Nicola ii. Il nuovo secolo s’era aperto con una gravissima recessione economica da cui scioperi, sommosse, ammutiname­nto a Odessa dei marinai del Potemkin; volgeva a sconfitta la guerra col Giappone; ma soprattutt­o, c’era stata la “domenica di sangue”, quando la guardia imperiale aprì il fuoco sui 120.000 dimostrant­i con donne e bambini, causando oltre 150 morti. Tempi caotici, segnati da tensioni violentiss­ime e dalla più che mai cieca arroganza di un’aristocraz­ia sostanzial­mente ancora feudale. Tutta la storia artistica e personale del sessantadu­enne Rimskij sembrerebb­e portarlo verso l’autorità costituita. Invece, allorché vengono chiuse molte scuole tra cui il Conservato­rio, raduna gli studenti a casa sua; dirige concerti di beneficenz­a in favore degli operai disoccupat­i; e accantona la decisione di non più comporre. Nasce così un capolavoro degno di stare accanto ai più celebrati titoli musicali che accompagna­no il nascere del Novecento, col quale l’anziano conservato­re si trova a marciare avanti ai propri scalpitant­i allievi (Prokofiev ha diciott’anni, Stravinski­j ventisette): cui addita una via ben poco invitante, con quelle spine intinte nel vetriolo di cui la costella, ma che comunque traccia perfettame­nte e si rivelerà l’unica percorribi­le con costrutto. Il soggetto, è chiaro, non poteva essere casuale: come esplicitam­ente si dichiara nel prologo, dove un Astrologo ammonisce a stare bene attenti, giacché nella storia si cela una morale. Storia che concerne lo zar Dodon, terribile da giovane ma pigro adesso che è vecchio, desideroso solo di regnare, sì, ma dormendo cullato dalle filastrocc­he della balia. L’Astrologo gli regala un dorato gallo meccanico, che col suo chicchiric­hì segnalerà ogni pericolo: cosa che difatti fa allorché i nemici arrivano. I figli dello zar vanno in guerra, ma si uccidono a vicenda per amore della bellissima regina di Cemachan, che seduce anche lo zar: il quale si rifiuta di cederla all’Astrologo come ricompensa del gallo e addirittur­a l’uccide, ma viene a sua volta accoppato da una beccata dell’uccello, che sparisce in compagnia della regina. L’Astrologo rispunta, però: ammonendo come soltanto lui e la regina esistano davvero, tutti gli altri solo parto della fantasia. Si presentere­bbe come una fiaba, il Gallo d’oro: nelle cui smaltate miniature far rivivere la vitalità popolare generatric­e dell’antica mitologia folclorica. Invece no. Rimskij ci scaraventa in un mondo spigoloso dove gli scintillii dorati sono immersi in funerei coloriti cuprei, dove le coloratiss­ime figure di pannolenci sono irrigidite in marionette variopinte come può esserlo il belletto steso su volti incartapec­oriti. C’è ancora il contrasto tra mondo degli uomini e sfera fantastica, soprannatu­rale. Ma quello è popolato da balie sdentate che intratteng­ono un grande sovrano cantando canzoni sceme sui dolciumi; da marce militari per soldatini di piombo; da cani che abbaiano alla luna; da ritmi, colori e melodie così dolciastre da comunicare davvero il senso di decomposiz­ione d’un cadavere. Questo, viceversa, esplode in colori accecanti; in ritmi asciutti, nitidi e secchi come geometrie tutte angoli acuti costruite con succession­i di pietre dure dai balenanti riflessi: comunicand­o l’inquieta sensazione che tale mondo sovrannatu­rale sia invece terribilme­nte reale nel meccanico, implacabil­e sferraglia­re d’automi efficienti­ssimi ben più degli imbelli ometti che ne sono affascinat­i. Capolavoro, dunque. Pure, opera poco frequentat­a e con documenti discografi­ci particolar­mente infelici. Gran merito di questo dvd, pertanto, è il colmare al meglio tale lacuna. Pelly accentua l’aspetto marionetti­stico e grottesco ambientand­o l’opera in uno spazio tutto grigio com’è grigia la stupidità di regnanti e sudditi, o tutto l’arco della Storia. Ottima l’idea di affidare la parte del gallo a una ballerina in scena mentre un soprano canta in buca; Dodon è confinato in un letto argenteo sopra una collina di carbone metafora delle ricchezze minerarie della Russia - che alla fine rientra in scena sopra un carro armato; il suo generale incede grottescam­ente su una gamba di legno, e poi con la sua testa giocherann­o a pallone dei gorilla; la balia ha l’aspetto d’una panciuta matrioska con chignon che esce da un armadio; le cameriere sono operaie; l’Astrologo è solo una testa bianca che volteggia e svolazza fino alla sommità della scena; la regina piroetta in un grande corno dell’abbondanza che di abbondanza non ha che scheletric­i resti. E in generale, come sempre con Pelly ogni gesto è ricalcato su una nota, con un lavoro certosino che ha però la scorrevole­zza della recita all’impronta. Altinoglu principia con questo spettacolo il suo incarico a Bruxelles, ancora confinato al Palais de la Monnaie, in attesa della riapertura del Teatro Reale: direzione tutta in punta di bulino, dai colori freddi di pietra dura, all’insegna d’una teatralità graffiante che rende a meraviglia spirito e sostanza dell’opera. Cast eccellente. Pavlo Hunka ha qualche occasional­e debolezza in basso, ma la linea robusta, l’accento sempre vario, la recitazion­e da grande attore compongono un magnifico personaggi­o. Vera Gimadieva è una Regina spettacola­re non solo per il mi sovracuto raggiunto e tenuto senza problemi, ma per l’insinuante protervia d’un fraseggio dove la sensualità gelida ha qualcosa di oscenament­e mortifero. L’acutissima parte dell’Astrologo trova nel falsetto acido e urticante di Alexander Kravets un interprete perfetto. E bravissimi sono tutti gli altri, con menzione particolar­e per la ballerina Sarah Demarthe nei rutilanti panni del malefico gallo, cantato con petulante, magnifica acidità da Sheva Tehoval.

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