Netrebko e Kaufmann insieme nella “Forza del destino”. È il titolo più accattivante fra le nuove stagioni internazionali
Netrebko e Kaufmann insieme nella “Forza del destino” diretta da Pappano. È il titolo più accattivante della nuova stagione operistica internazionale. Da Parigi a Berlino, da Madrid alla Scala ecco chi fa più e meglio nello scenario globale: prenotate i p
Da Parigi a Berlino, da Madrid alla Scala ecco chi fa più e meglio nello scenario globale dell’opera: prenotate i posti
Verdi, sempre Verdi, fortissimamente Verdi. I più importanti teatri d’opera del mondo hanno varato i cartelloni per la prossima stagione e il primo dato che emerge è che il nostro compositore nazionale sarà ancora una volta il più rappresentato. Il che non è poi così sorprendente, visto che la classifica generale di tutti i teatri del pianeta, grandi e piccoli (statistiche di operabase.com), vede Verdi largamente al primo posto con 16.122 recite nelle ultime cinque stagioni, davanti a Mozart (11.887) e a Puccini (11.615). Che questi tre autori siano sempre i più frequentati è ribadito anche dalla nostra veloce incursione nella programmazione per la stagione 2018/19 dei palcoscenici lirici più prestigiosi. Abbiamo preso in considerazione i teatri di 13 città: Amsterdam, Barcellona, Berlino, Bruxelles, Dresda, Londra, Madrid, Milano, Monaco di Baviera, New York, Parigi, Vienna e Zurigo. Con 49 titoli,Verdi precede Puccini (a quota 31), Mozart (30), Wagner (27), Richard Strauss (19), Donizetti (13), Rossini (10) e Bizet (9). Ma il rilievo più interessante è che dieci di questi teatri hanno programmato almeno un’opera verdiana fra i nuovi allestimenti della prossima stagione. A cominciare dalla Scala, che per l’inaugurazione di Sant’Ambrogio presenterà Attila con la direzione di Riccardo Chailly, la regia di Davide Livermore e Ildar Abdrazakov nel ruolo del titolo, e successivamente proporrà I masnadieri affidandoli alla bacchetta di Michele Mariotti e alla regia di David McVicar. Alcune di queste prime si segnalano per l’eccezionalità degli interpreti: come l’Otello alla Bayerische Staatsoper di Monaco di Baviera con la direzione di Kirill Petrenko, la regia di Amélie Niermeyer e Jonas Kaufmann nel ruolo di protagonista; o come La forza del destino alla Royal Opera House di Londra con la direzione di Antonio Pappano, la regia di Christof Loy e la coppia Jonas Kaufmann/Anna Netrebko; o ancora come Simon Boccanegra all’Opéra di Parigi con la direzione di Fabio Luisi e la regia di Calixto Bieito. Non è finita: a Parigi, per la superstagione dell’Opéra, andranno in scena addirittura due produzioni di Traviata, una delle quali tutta nuova nel settembre 2019, affidata a Michele Mariotti con la regia di Simon Stone; alla Staatsoper Unter den Linden di Berlino ci sarà un nuovo Rigoletto diretto da Andrés OrozcoEstrada con la regia di Bartlett Sher; a Dresda un nuovo Nabucco con Omer Meir Wellber sul podio in un allestimento curato da David Bösch; a Zurigo un altro Nabucco firmato dalla coppia Luisi e Andreas Homoki, direttore musicale e sovrintendente dell’Opernhaus; a Madrid un Falstaff diretto da Daniele Rustioni e regia di Laurent Pelly; alla Wiener Staatsoper Myung-Whun Chung dirigerà Otello, regista Adrian Noble; infine, La traviata del Metropolitan di New York con Yannick Nézet-Séguin a dirigere la coppia Diana Damrau/ Juan Diego Flórez in uno spettacolo di Michael Meyer.
Stagione e repertorio
Precisato che la nostra rassegna si limita alle opere programmate per la stagione 2018/2019 (e non contempla esecuzioni concertistiche, titoli per ragazzi, balletti e altri progetti particolari), uno sguardo generale ai numeri di titoli e recite ci porta subito a Parigi: l’Opéra National ha varato una stagione speciale per i 350 anni dalla fondazione dell’Académie Royale de Musique, che dal settembre 2018 al dicembre 2019 la vedrà portare in scena 248 recite di 23 titoli, dei quali 11 presentati in nuovi allestimenti (4 di questi concentrati nell’autunno 2019). Anche considerando il periodo “normale” di dodici mesi (da settembre 2018 a agosto 2019) i numeri parigini restano importanti, sfiorando le 200 recite soltanto per l’opera. L’Opéra dispone di due grandi sale, Palais Garnier e Opéra Bastille, per una capienza complessiva di 4.850 posti, e ha un budget che nella stagione 2016/17 è stato di 216 milioni, dei quali 95 erogati dallo Stato. Piccola parentesi: 95 milioni corrispondono al 53% della somma stanziata per il 2018 dal Fus (178,8 milioni) per tutte - ripetiamo: tutte - le nostre fondazioni liriche. Per dare un altro termine di paragone: il bilancio della Scala, il nostro maggior teatro, si aggira sui 125 miloni, vale a dire poco più della metà di quello parigino, con un contribuito statale per il 2018 di 28,7 milioni, all’incirca il 30% di quello che
riceve l’Opéra. Questo per sottolineare differenze di grandezze che naturalmente si riflettono anche sull’attività. Ma torniamo a Parigi: questi dati sono interessanti perché si avvicinano a quelli dei cosiddetti teatri di repertorio di area tedesca, dove si va in scena quasi ogni giorno. Proprio partendo da queste cifre sembra il caso di dover rivedere, o comunque aggiornare, la classica distinzione fra teatri “a stagione” e “a repertorio”: secondo la quale, i primi garantirebbero una miglior qualità delle proposte e maggiori novità, restando a favore dei secondi la produttività e la popolarità grazie all’ampiezza dei cartelloni e all’apertura quasi quotidiana delle sale. Va intanto chiarito, parlando di grandi teatri, che anche quelli “a repertorio” possono offrire un elevato livello artistico, non soltanto quando presentano nuovi allestimenti curati nei minimi dettagli. Staatsoper di Vienna, Metropolitan di New York e Bayerische Staatsoper di Monaco appartengono alla categoria dei teatri “a repertorio” perché ogni anno il numero delle riprese è di gran lunga superiore a quello delle nuove produzioni: ma fra queste riprese possono esserci (citiamo un po’ a caso, come esempi) un Fidelio diretto da Petrenko con Kaufmann protagonista (a Monaco), un’Aida diretta da Luisotti con la Netrebko (a New York), un Barbiere diretto da Pidò con Flórez (a Vienna). In termini numerici, resta il fatto che in questi teatri si fanno sempre molte recite e il numero delle riprese è alto.
Novità e riprese
Calcolare le percentuali delle nuove produzioni (comprese le
coproduzioni) sul totale dei titoli può aiutare a decifrare la linea culturale di un teatro. La Monnaie di Bruxelles e il Teatro Real di Madrid, seguiti dalla Nationale Opera di Amsterdam, sono in questo senso all’avanguardia: non tanti titoli in cartellone, ma allestimenti quasi tutti nuovi. La scelta dei registi indica chiaramente che la realizzazione scenica è considerata molto importante. Anche la Scala sembra inserirsi su questo percorso, ma con modalità diverse. La percentuale delle nuove produzioni sul totale dei titoli è piuttosto alta (62%) e l’elenco dei registi comprende Carsen, Vick, McVicar, Pountney, Bechtolf, Hartmann, Wake-Walker, oltre ai nostri Livermore, Martone e al jolly Woody Allen. A bilanciare questo sforzo c’è la ripresa di quattro titoli del repertorio più popolare negli allestimenti della casa, per un totale di una quarantina di recite che contribuiscono ad alzare il numero complessivo superando le 120 recite. Giusto che un teatro sfrutti tutte le sue possibilità, con un occhio anche ai conti. La Scala, come il Liceu di Barcellona e l’Opéra di Parigi, è un teatro “a stagione” che deve rispettare un buon equilibrio fra nuove produzioni e altre. L’Opernhaus di Zurigo è sempre stato considerato un teatro “a repertorio”, ma i numeri dicono che forse oggi questa definizione non è del tutto corretta, visto
che le recite delle nuove produzioni (99 per 12 titoli) superano quelle del cosid- detto repertorio (72 per 15 titoli). Modesta, invece, la percentuale delle novità per la Royal Opera House (5 titoli sui 19 del cartellone), anche se la qualità resta sempre molto alta e alcune proposte sono molto attraenti.
Dal quanto al cosa
Si è detto in apertura che Verdi resta l’autore più rappresentato. Uno sguardo più allargato sul tipo di proposta complessiva offre altri spunti. Il dato generale, riferito alle stagioni di tutti i tredici teatri esaminati, conferma che il grande repertorio (dal 1750 al 1899: da Mozart al primo Puccini, per intenderci) copre il 64,4% della programmazione. Il primo Novecento (che comprende il Puccini più maturo, da Tosca in poi, e quasi tutto Richard Strauss) arriva al 22%, mentre secondo Novecento e opere contemporanee toccano soltanto il 4,3%. Un po’ meglio la percentuale degli autori barocchi (pre 1750) che si pone al 5%. In questo quadro, non sembra così negativo il 4,3% riferito alle nuove commissioni: nove teatri su 13 presenteranno nella prossima stagione una prima assoluta. Amsterdam addirittura 3, Madrid e Berlino 2. In attesa di presentare Fin de partie di György Kurtág a conclusione della stagione in corso (a questo proposito, Pereira ha annunciato trionfalmente che la partitura dell’opera, in programma a novembre, è finalmente arrivata in teatro), la Scala ripescherà il prossimo anno Quartett di Luca Francesconi. La Nationale Opera di Amsterdam si segnala anche per il cartellone più equilibrato fra tutti: 4 titoli fra autori contemporanei o del secondo Novecento, 4 del primo Novecento, 4 del grande repertorio, 1 barocco. Anche il teatro Real di Madrid propone una programmazione ben bilanciata. Normale lo squilibrio a favore del grande repertorio nei teatri di Monaco, Vienna e New York. Il barocco ha le sue roccaforti a Berlino e Zurigo, ma la Scala centra un gran colpo con il progetto triennale che coinvolge Cecilia Bartoli per tre titoli händeliani: si comincia con Giulio Cesare in Egitto (dirige Giovanni Antonini, regia di Robert Carsen), cui seguiranno nelle prossime stagioni Semele e Ariodante.
Netrebko & Kaufmann
Un rapido viaggio alla scoperta delle novità più interessanti della prossima stagione non può che partire da Londra. Melomani di tutto il mondo, segnatevi queste date: 21 e 25 marzo, 2 e 5 aprile 2019. Anna Netrebko e Jonas Kaufmann, i più celebrati cantanti d’opera del nostro tempo, saranno i protagonisti de La forza del destino diretta da Pappano alla Royal Opera House. È la seconda volta che i due fanno coppia in un titolo operistico: era successo soltanto nel 2018, sempre a Londra, nella Traviata. Ma al di là delle implicazioni divistiche, l’operazione si annuncia interessante anche per la regia di Christof Loy e il resto del cast (Tézier, Simeoni, Furlanetto, Corbelli). Nelle dieci recite, ai due protagonisti si alterneranno Ludmilla Monastyrska e l’immancabile (dove c’è la moglie, c’è anche lui) Youssif Eyvazov. Chi non potrà andare al Covent Garden, potrà vederla al cinema il 2 aprile.
Kaufmann, come si è accennato sopra, sarà anche protagonista dell’Otello di Monaco, con Anja Harteros e Gerard Finley nel cast e la direzione di Petrenko. Il direttore musicale della Bayerische Staatsoper farà coppia con il tenore anche per le riprese di Fidelio e Maestri cantori e sarà sul podio per un’altra attesa novità: Salome con la regia di Krzystof Warlikowski. La Netrebko sarà protagonista dell’apertura del Met di New York con Adriana Lecouvreur, nell’allestimento di David McVicar (nuovo per New York, ma già visto a Londra e Vienna: è una coproduzione fra cinque teatri) e con Gianandrea Noseda sul podio. La notizia è che nel cast annunciato non c’è, almeno per ora, il nome di Eyvazov. Sembra che il “pacchetto famiglia” per una volta sia saltato: il ruolo di Maurizio dovrebbe essere ricoperto da Piotr Beczala per tutte le 8 recite. Difficile scegliere fra le proposte dell’Opéra: Michele Mariotti, che è in partenza da Bologna e sembra aver stabilito un rapporto privilegiato con Parigi, dirigerà tre titoli tra cui Gli Ugonotti. Per restare alle nuove produzioni, da ricordare Simon Boccanegra con Fabio Luisi sul podio e la regia di Calixto Bieito e I Troiani diretti da Philippe Jordan con la regia di Dmitri Tcherniakov. Quest’ultimo protagonista anche a Berlino per Matrimonio al convento di Prokofiev, direttore Daniel Barenboim al quale toccherà anche l’apertura con Medea di Cherubini, protagonista Sonia Yoncheva. Ad Amsterdam da segnalare il Pelléas diretto da Daniele Gatti con la sua orchestra del Concertgebouw, regia di Pierre Audi. Doppio cast a Madrid per La gioconda messa in scena da Pier Luigi Pizzi in coproduzione con Verona, mentre Dresda riscopre il Satyricon di Bruno Maderna e Zurigo affida Così fan tutte al regista russo Kirill Serebrennikov, al quale è stato impedito di partecipare all’ultimo festival cinematografico di Cannes perché agli arresti domiciliari in patria con l’accusa di frode fiscale: in realtà, Serebrennikov si è distinto per l’opposizione a Putin, e l’augurio è naturalmente che possa essere a Zurigo.
Le novità al Piermarini
Un capitolo a parte va riservato al nostro maggior teatro. Riccardo Chailly dirigerà due titoli, Attila per l’inaugurazione e Manon Lescaut per proseguire il discorso pucciniano, e in entrambi i casi annuncia qualche sorpresa: per il titolo verdiano, cinque battute composte da Gioachino Rossini per un’edizione parigina dell’opera, un breve interludio prima del terzetto dell’ultimo atto; per Puccini, cinque inserti rispetto all’edizione conosciuta per complessive settanta battute, ripescando la versione della prima del 1893 con un diverso concertato in chiusura del primo atto. Del ritorno di Cecilia Bartoli si è detto sopra. Un altro progetto interessante è quello relativo a Richard Strauss, con due nuovi allestimenti: Arianna a Nasso affidata al giovane regista britannico Frederic Wake-Walker e Elena egiziaca, per la prima volta sul palcoscenico del Piermarini, curata da Sven-Eric Bechtolf. Entrambi i titoli saranno diretti da Franz Welser-Möst. L’esplorazione del primo Novecento prosegue con La città morta di Korngold, con la direzione di Alan Gilbert e il ritorno di Graham Vick, mentre il nome di Woody Allen fa da inevitabile richiamo al Gianni Schicchi, anche se non si tratta di una novità assoluta: l’allestimento arriva da Los Angeles e in Italia si era già visto a Spoleto nel 2009. Il titolo pucciniano andrà in scena accoppiato a Prima la musica e poi le parole di Salieri. Il percorso mozartiano avviato in questi anni proseguirà con Idomeneo (sul podio Christoph von Dohnányi). Da sottolineare poi il ri-
torno di Valery Gergiev in Kovanscina di Musorgskij con la regia di Mario Martone. Anche a Quartett di Francesconi si è già accennato, resta da dire del giovane direttore Michele Gamba al quale è stata affidata la ripresa di L’elisir d’amore, mentre gli immancabili Leo Nucci e Placido Domingo terranno a battesimo le riprese di Traviata (con Myung-Whun Chung sul podio) e Rigoletto (con Nello Santi).
Chi è l’italiano più richiesto?
La presenza ripetuta e continua del direttore musicale contribuisce a creare l’identità e la connotazione dell’orchestra di un teatro. Limitando sempre la ricerca alle stagioni d’opera, emerge anzitutto l’impegno di Daniel Barenboim che dirigerà ben 8 titoli nella sua Staatsoper Unter den Linden per 32 recite. Ma Fabio Luisi (7 titoli all’Opernhaus di Zurigo) lo supera per numero di recite: 35 nella sala svizzera, cui vanno aggiunte le 10 di Parigi per Simon Boccanegra. E senza dimenticare che Luisi è anche direttore musicale del Maggio fiorentino. Seguono Antonio Pappano (6 titoli alla Roh per 33 recite), Kirill Petrenko (5 titoli alla Bayerische Staatsoper per 23 recite) e Philippe Jordan (4 titoli all’Opéra per 34 recite). Il nostro Paese resta un grande esportatore di direttori. Meno di registi: Romeo Castellucci e Pier Luigi Pizzi, per restare alle nuove produzioni previste in questi teatri. Nessuno invece indovinerebbe il nome del maestro italiano più richiesto di tutti. È Antonello Manacorda, già primo violino nella Mahler Chamber di Abbado: dirigerà a Londra, Vienna, Amsterdam, Monaco di Baviera e Bruxelles.