“FERREO PROFESSIONISMO, SOTTILE CURA DEL DETTAGLIO, MA SOPRATTUTTO UN PIACERE DI FAR MUSICA INSIEME CHE NON MANCHERÀ DI CONTAGIARE L’ASCOLTATORE”
Da 2 a 9 solisti in dialogo fra loro e con un’orchestra da camera, struttura perlopiù in tre movimenti, quasi sempre in tonalità maggiore; una fusione di elementi tratti da generi diversi quali il Divertimento, la Serenata, la Sinfonia e il Concerto solistico. Fra le invenzioni del decoroso e altamente inclusivo secolo diciottesimo, la Sinfonia concertante (per gli amici: “la Concertante”) esaurì la propria parabola fra il 1770 e il 1825 circa, sì da coincidere con l’apogeo del Classicismo o da sopravvivergli di poco. Ce lo ricorda questa registrazione, allineando ai nomi di Mozart, Danzi e Pleyel quello meno noto di François Devienne. Uno però ne manca: il livornese Giuseppe Maria Cambini (1746-1825) a suo tempo salutato, in Francia e altrove, maestro in un genere cui dedicò un’ottantina di lavori. La lacuna balza agli occhi nella silloge qui proposta da un quintetto che nella sua stessa ragione sociale (“Les Vents Français”) si richiama alla fiorente letteratura per strumenti a fiato ormai emancipati dalle precedenti limitazioni costruttive. Non è un caso se i loro primi super-virtuosi portavano sì nomi germanici quali Wendling, Ramm, Stadler, Ritter e Stich, ma nelle loro peregrinazioni fra Vienna, Praga, Mannheim e Monaco non mancarono mai d’inserire cospicue quanto lucrose tappe parigine.
Pur senza successo, lo stesso Mozart tentò di cavalcare l’onda di moda; ne testimonia la più lunga delle composizioni qui registrate, cui si lega un giallo attributivo. La Sinfonia concertante K 297b, ancora così catalogata nella sesta edizione del Köchel, è oggi relegata nell’appendice delle opere dubbie o spurie (Anh C14.0). La sua versione originale, ordinata e pagata nel 1778 dall’impresario Legros per il Concert Spirituel, fu sostituita all’ultimo momento da una del citato Cambini e messa nel dimenticatoio dal deluso autore. Quella che possediamo pare un tardivo arrangiamento di mano ignota, col clarinetto in luogo del flauto e una scrittura delle parti orchestrali databile a Ottocento avanzato. Circa 1830, sostiene Robert Levin, che però identifica suggestive concordanze mozartiane nel materiale tematico dei quattro solisti. Lasciamo pure l’ultima parola alle analisi degli specialisti, ma l’Adagio dalle parentesi modulanti che di continuo increspano il flusso cantabile con inflessioni di malinconica tenerezza non ricorda analoghe pagine dei concerti mozartiani per pianoforte? E quell’Andantino finale con la bellezza di 17 variazioni reca l’impronta di un orchestratore dall’ampia visione strategica, capace di equamente valorizzare l’idioma di ciascuno strumento.
Nel solco di un analogo, beneducato ideale di solismo collettivo si muovono gli altri autori qui campionati; chi ancora nell’ambito del sinfonismo classico (Pleyel, Devienne), chi con aperture di linguaggio verso l’operismo italiano (Danzi) o di un sinfonismo di transizione ancorato alla forma-sonata (di nuovo Devienne e Danzi). Di tali e tanti intrecci stilistici rendono puntuale conto le note di copertina a firma Daniel Verroust; circa i solisti e l’orchestra monacense che li accompagna si è già detto su queste pagine in occasione di una precedente produzione. Superfluo sprecare altre parole per elogiarne ancora il ferreo professionismo, la sottile cura del dettaglio, ma soprattutto quel loro piacere di far musica insieme che non mancherà di contagiare l’ascoltatore.
“CONCERTANTE!” MUSICHE DI DANZI, MOZART DEVIENNE, PLEYEL
Emmanuel Pahud (flauto), François
SOLISTI
Leleux (oboe), Paul Meyer (clarinetto), Radovan Vlatkovic (corno), Gilbert Audin (fagotto) Daniel Giglberger
DIRETTORE Münchner Kammerorchester
ORCHESTRA
2 CD Warner Classics 90295 70487 19,70
PREZZO
★★★★★