VERDI MESSA DI REQUIEM
G. Višnevskaja, N. Issakova,
INTERPRETI V. Ivanovski, I. Petrov Igor Markevitch
DIRETTORE
Sinfonica di Stato Russa,
ORCHESTRE Philharmonia Accademia di Stato Russa
CORO
2 CD Urania Arts WS121.344
15,20
PREZZO
★★★★★
Vecchie incisioni realizzate tra il 1952 e il 1960 a Londra e a Mosca propongono una per noi inedita Messa di Requiem e due sinfonie d’opera verdiane con l’aggiunta, preziosa assai, di sei canti di Musorgskij nell’arrangiamento orchestrale di Igor Markevitch. La prima virtù dei due cd è da rintracciare nella presenza dello stesso Markevitch alla guida dell’Orchestra Sinfonica di Stato e del Coro dell’Accademia di Stato Russi nel Requiem (1960) e della Philharmonia Orchestra (1952) nelle sinfonie da La battaglia di Legnano e dalla Giovanna d’Arco, dirette con il dovuto rispetto dei piani agogici verdiani. Ma i due dischi non si esauriscono qui perché la parte più desueta d’essi prospetta una mirabile rarità, sei superbi canti musorgskiani nell’arrangiamento orchestrale dello stesso Markevitch che risultano di una seduzione senza pari a dispetto della presenza di un suono orchestrale che non è previsto nell’originale per canto e piano. È ovvio però dire che è il Requiem a stabilire il top dei due cd: la partecipazione di un team vocale di bel respiro ne potenzia il fascino, ma la vera perla si riconosce in una direzione orchestrale davvero insolita. Che io sappia o rammenti, Markevitch è la prima (forse l’unica) tra le tantissime bacchette che si son misurate col capolavoro sacro verdiano a non contentarsi degli usuali parametri di lettura d’esso, di norma orientati verso una attenta disamina dell’elegia che lo avvolge senza farsi circuire dal tono di cupo lutto che invece ne statuisce l’anima segreta. Per meglio intendere: in una versione che potremmo definire tradizionale il contributo delle quattro voci soliste assume in genere l’identico compito che gli è proprio in una lettura “operistica” del canto verdiano; e non si nega che il Requiem possa spingere verso tal direzione. Ma quel che qui viene tentato è altro, e più inquietante: una immedesimazione totale nel carattere funebre del documento musicale, tale da vietare qualsivoglia opzione melodrammatica. Udire come risuonano profondi gli accordi orchestrali e le pause interne al dettato è davvero un’opzione altra e, a mio vedere, assai più vera dell’esito musicale (due esempi, da valere per tutti: il tono di raccolta pietà per i morti che assume il Lacrymosa e il corrusco Lux aeterna). Detto dell’opzione invero alternativa che la grande bacchetta del direttore ucraino promuove all’interno della sua lettura, non si potrà far a meno di osservare quanto ad essa si conformino con intelligenza del proposito le voci scelte. Se posso dirlo uno speciale riferimento va fatto al basso Ivan Petrov il cui timbro scurissimo dichiara una opzione senza equivoci di quella linea; ma non da meno si svelano i tre colleghi di navigazione, il tenore Vladimir Ivanovskij, timbro fascinosamente chiaro e adeguato squillo, il mezzosoprano Nina Issakova (forse la meno appariscente di tutti) e Gal’ina Višnevskaja la quale mette al servizio di questa causa controcorrente un colore e un respiro di intatto carisma che si manifestano altresì nella interpretazione superba dei sei canti di Musorgskij (almeno un paio di
fosca verità, La culla e La gazza). E tutto il bene possibile va asserito in pro delle compagini russe che si confrontano con la scrittura verdiana cogliendone con severo segno le stimmate. Una realizzazione d’alta classe, senza se e senza ma.