Classic Voice

PUCCINI TOSCA

- CARLO VITALI

INTERPRETI A. Pirozzi, L. Decaro, F. Landolfi, L. Leoni, A. Gabba, L. Casalin e altri

DIRETTORE Fabrizio Maria Carminati REGIA Joseph Franconi Lee (da Alberto Fassini) TEATRO Regio ★★★/★★★★

“Archetipi da incubo espression­ista, tali da ridurre a formichine gli umani che vi si aggirano nei loro costumi Impero mimando passioni, inganni e delitti di un cronòtopo aristoteli­co ben individuat­o, ma non solo di quello”

In origine firmato da Alberto Fassini - siciliano e barone come Vitellio Scarpia; quando

uno dice le affinità elettive... questo allestimen­to di Tosca debuttò a Palermo e Bologna giusto vent’anni fa, e da allora di strada ne ha fatta assai. Chi scrive ricorda di averlo visto nel giugno 2002 alla Nhk Hall di Tokyo fra lo sgomento di un pubblico non ancora aduso alle regie antinatura­listiche. Quella dorata procession­e librantesi a mezz’aria tra le curve anamorfizz­ate della cupola di Sant’Andrea della Valle, che colpaccio surreale! E gli scaloni di sghembo, il finestrone di Palazzo Farnese e l’angiolone di sei metri, metà armigero e metà ambiguo efebo, tutto virato in toni di grigio? Archetipi da incubo espression­ista, tali da ridurre a formichine gli umani che vi si aggirano nei loro costumi Impero mimando passioni, inganni e delitti di un cronòtopo aristoteli­co ben individuat­o (Roma, 17 giugno 1800, da mezzodì alle quattro del mattino), ma non solo di quello. Un saggio di straniamen­to dalla Storia che, al netto di latitudini e scuole teatrali diverse, riecheggia nel Boris secondo Nekrosius. E dire che, scomparso Fassini nel 2005, stava per finire al macero; il Regio parmense lo acquistò dal Comunale di Bologna per poche centinaia di euro; poi, fattolo rinfrescar­e da Joseph Franconi Lee, continuò a noleggiarl­o con profitto. Stavolta, dopo la prima del 2009, lo ripropone in casa, ormai con l’alone di classico contempora­neo e non più di semplice vintage.

Altro e meno pacifico discorso: il cast chiamato a raccoglier­e l’eredità di interpreti che su queste tavole abitarono i ruoli principali sino alla generazion­e scorsa. Raina, José, Renato, Leo... e qui la giusta lacrimucci­a, ma la vita continua. Una Tosca come Anna Pirozzi, debuttante nel ruolo solo quattro anni fa, ha già molte frecce al suo arco: una tigre, una furia disperata nel suo scontro con Scarpia; e proprio da brivido, a pugnalazio­ne avvenuta, il suo Sprechgesa­ng esalato con pietà naturalite­r christiana, non già sibilato col disprezzo di rito verista. Voce di liricocolo­ratura con l’elmo (Abigaille e Lady Macbeth i suoi personaggi d’elezione) difetta ancora, semmai, di certe sfumature civettuole e sentimenta­li necessarie a integrare il profilo della sfaccettat­a eroina pucciniana. Lo stesso vale per Lorenzo Decaro, sostituto in extremis dell’afono Andrea Carè. Un Cavaradoss­i tagliato con l’accetta: proiezione e potenza sì, anche sfida e braveria talora sbroccanti in lievi cali d’intonazion­e, ma di erotismo il minimo sindacale. Terzo fra i dimidiati lo Scarpia di Francesco Landolfi: edonista ipocrita e sadico come da copione, però umano-troppo-umano senza quella corda blasfema che in Raimondi vibrava con esiti di tenebra. Alla recita domenicale non mancavano comunque applausi scrosciant­i per tutti, comprimari inclusi. Fra i più meritati per solida competenza vocale e attoriale quelli andati a Luciano Leoni (Angelotti) e Armando Gabba (Sagrestano); bene anche gli altri, benissimo i cori di adulti e voci bianche. Sotto l’attenta direzione di Fabrizio Maria Carminati, analitica pur se a tratti un poco slentata, la scena recuperava in fretta uno scollament­o dalla buca che aveva afflitto il primo atto.

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“Il corsaro” di Verdi al Municipale di Piacenza

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