STOCKHAUSEN GRUPPEN MESSIAEN
ET EXPECTO RESURRECTIONEM MORTUORUM NONO NO HAY CAMINANTES, HAY QUE CAMINAR… ANDREJ TARKOVSKIJ DIRETTORE Simon Rattle
ORCHESTRA London Symphony Orchestra
DIRETTORI Jaehyuck Choi, Dancan War, Ruth Reinhardt
ORCHESTRA Lucerne Festival Academy auditorium Kkl
★★★★★
“I festival dunque non si costruiscono su programmi di giro. Principio che Lucerna ha messo in pratica fin dall’inaugurazione”
Nel programma ricchissimo di Lucerna - e per nulla appiattito sulle parate orchestrali: chi si ferma in città qualche giorno può testimoniarlo - in settembre ha intrigato il lungo pomeriggio imbastito da Simon Rattle e la London Symphony Orchestra. Con i panni di Chefdirigent dei Berliner, Rattle ha dismesso pure i relativi obblighi di repertorio. Non c’è un’impaginazione scontata nella sua nuova vita coi londinesi. Qui per esempio li presenta in un trittico di capolavori della Neue Musik. L’imponente Gruppen di Stockhausen - a cui si sono aggiunti altri due gruppi orchestrali dell’Accademia del Festival dedicata alla musica contemporanea diretti da Jaehyuck Choi e Dancan Ward impressiona per come è stato (ri)decifrato e “spacchettato”: capolavoro di trasparenza dalle molteplici combinazioni timbriche tra i singoli gruppi strumentali delle tre orchestre che si rispondono a distanza, in infiniti giochi spaziali. L’opposto della saturazione impenetrabile. Al contrario, gli appelli trascendenti di Et expecto resurrectionem mortuorum di Messiaen rivivono in una tensione che impatta fisicamente: più sonoriale che religiosa. Completavano la sequenza i giochi rarefatti e le esplosioni improvvise rimbalzanti per tutta la Konzert Saal di No hay caminantes, hay que caminar… Andrej Tarkovskij, pensate dall’ultimo Nono a imitazione della polifonia “battente” di San Marco, per i quali Rattle ha ceduto la bacchetta a Ruth Reinhardt, grintosa (e molto coraggiosa) allieva della stessa Accademia lucernese.
I festival insomma non si costruiscono su programmi di giro. Principio che Lucerna aveva messo in pratica fin dall’inaugurazione, dove Riccardo Chailly ha diretto una Lucerne Festival Orchestra in forma smagliante. È il caso di gioirne: il progetto di Abbado continua. Magari in chiave meno berlinese e più europea. Chailly l’ha condotta in percorsi interpretativi non scontati: collocando l’Uccello di fuoco fuori dall’eredità tardo ottocentesca, alternando trasparenze “elfiche” alla Mendelssohn e nette geometrie dello Stravinskij che verrà; scansando il rischio dello stereotipo neoclassico nel concerto Dumbarton Oaks, innervato su spigolosità bartokiane. E rileggendo il Do minore del Concerto K 491 di Mozart in chiave lirica, distillando giochi ultrasensibili col pianoforte di Lang Lang. Il quale ne ha approfittato da par suo, oltrepassando a volte il confine tra libertà e maniera.