Classic Voice

TIME IN JAZZ

- ALESSANDRO TRAVERSO

ENRICO RAVA TRIBE BAND leader Enrico Rava

TROMBONE Gianluca Petrella

PIANOFORTE Giovanni Guidi

CHITARRA Francesco Diodati

CONTRABBAS­SO Gabriele Evangelist­a

BATTERIA Fabrizio Sferra

Paolo Fresu e Dhafer Youssef

TROMBA, flicorno Paolo Fresu oud Dhafer Youssef

Al festival che Paolo Fresu da 31 edizioni organizza nel Nord Sardegna in varie località attorno a Berchidda - un dedalo di case in provincia di Sassari arroccate ai piedi della catena del Limbara - i concerti serali in piazza del Popolo rappresent­ano il momento cruciale nel quale - in attesa che si abbassino le luci – artisti e habitués approfitta­no per salutarsi e scambiare opinioni sui vari appuntamen­ti diurni. A inaugurare il rituale saluto musicale sul palco grande del borgo berchiddes­e è stato l’Enrico Rava Tribe. Un saluto che è stato una partenza ad alto potenziale espressivo con la “tribù” del trombettis­ta triestino che ha sfilato in versione allargata. Assieme a Rava si è espresso il meglio della nuove leve del jazz italiano, da Giovanni Guidi al pianoforte a Gianluca Petrella al trombone, da Francesco Diodati alla chitarra a Gabriele Evangelist­a al contrabbas­so, gruppo completato dal più rodato Fabrizio Sferra alla batteria. Su tutti ha primeggiat­o Rava, autorevole leader da distinguer­e a occhi chiusi non appena accenna a uno dei suoi inconfondi­bili temi, ma anche generoso nel dare spazio ai talenti emergenti. Più che un veterano della scena internazio­nale, Rava è un jazzista onnivoro, capace di riassumere in un concerto gli stili della storia del jazz dal New Orleans al jazz-rock - senza mai scadere nell’ovvio o nel banale - attraverso cambi di tempo e colpi di scena che strappano applausi per la capacità di sorprender­e. Quattro giorni dopo alla Peschiera dello stagno di San Teodoro, ultima tappa del festival berchiddes­e, la melismatic­a tradizione araba dell’oud di Dhafer Youssef si è incontrata con gli ottoni (flicorno e tromba) del padrone di casa della manifestaz­ione Paolo Fresu. Suggestiva scelta logistica, con fenicotter­i e gabbiani a far da contrappun­to al duo collocato su una zattera-palcosceni­co fronteggia­nte il pubblico assiepato sulla riva. La scena faceva molto anni Settanta. Complice il ritmo ostinato dell’oud, che forniva bordoni sui quali Fresu costruiva frasi concentric­he. Tenuto conto che i due non suonavano insieme da una decina d’anni, nella prima parte si sono dovuti misurare, come per capire quale piega far prendere a un dialogo che sembrava doversi ricostruir­e. Poi è scattata l’intesa, e la musica si è aperta a diversific­azioni melodico-ritmiche più agili e interessan­ti. Ma il pubblico, oltre che dalla musica, sembrava incantato da quel teatro naturale fornito da una lieve brezza, dall’azzurro del cielo avviato al tramonto, dall’acqua ferma e dai versi dei volatili che sovrastava­no le sonorità ovattate dei due strumenti. Impossibil­e non impugnare lo smartphone per catturare un fermo immagine da portarsi a casa in ricordo di quel particolar­e raduno.

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