Chiara Banchini guida la riscoperta della musica d’uso ai tempi di Mozart, quando i committenti salisburghesi amavano ascoltare Serenate all’aperto
Nel Settecento la divisione in generi alti e bassi era legata ai destinatari. E i compositori la “attraversavano” senza pregiudizi. Mozart scrisse Serenate e Cassazioni. Trasformandole a volte in grandi sinfonie
La suddivisione della musica in generi, tanto cara ad alcuni schematismi ideologici del Novecento e soprattutto agli scaffali dei negozi di dischi, è un’usanza che via via si sta perdendo perché di ogni epoca, dalla più remota alla più prossima, non tardano a venire identificati i relativi “classicismi”: ci sono quindi una polifonia classica (quella di Josquin, Palestrina e Monteverdi), un contrappunto classico (di Bach), un jazz classico (quello che va dallo swing al bop) e anche il rock ha i suoi grandi classici (Bob Dylan, Eric Clapton, Lou Reed ecc.). La discriminante sta nelle capacità di resistenza della musica e delle sue forme alle sollecitazioni del tempo, delle mode e del gusto e, per altri versi, nel percorrere e periodicamente attraversare il labile confine che separa, specialmente in questo campo, arte e intrattenimento. Di tutto ciò è esemplare il caso di Mozart che, lungo la sua trentennale carriera, ebbe modo di accettare incarichi e commissioni di vario “genere” e funzione, per ambiti di produzione e consumo differenziati ma non per questo degni di minori attenzioni e cure.
Nel rincorrere il sogno di diventare il protagonista della scena teatrale (ben chiara sin dall’età di 14 anni, quando andò in scena il Mitridate per Milano) Wolfgang Amadé mirava non solo a realizzare progetti drammaturgici ma anche a rendersi indipendente dalla famiglia, dato che le possibilità di guadagno in teatro (così come i rischi) erano di gran lunga superiori a quelle dell’attività concertistica. Prima del definitivo trasferimento a Vienna, in generale, gli anni salisburghesi (1772-1774) caratterizzati dall’influenza dell’arcivescovo Hieronymus von Collore-
do furono estremamente eterogenei quanto a produzione musicale, offrendo a Mozart di prodursi in musica sacra, una dozzina di sinfonie, un concerto per pianoforte, un quintetto per archi, alcune serenate, divertimenti e il “Concertone” (e probabilmente sfruttando in più occasioni l’organico dell’orchestra legata alla cappella arcivescovile). In questa prospettiva sono lo spazio sonoro e il tipo di pubblico a determinare il genere, mettendo in relazione convenzioni e professionalità in base alla committenza e all’occasione che di volta in volta richiedevano nuova musica ma a identici professionisti (nel nostro caso, la ditta Mozart e Figli), senza l’avvertenza che dovesse essere musica “leggera” o “pesante”, alta o bassa bensì rispondente alle esigenze di solennità, intrattenimento, spettacolo, festeggiamento o passatempo intellettuale durante le quali si suona e si canta. Sostanzialmente disgiunta dalla vita musicale di palazzo e dalle stagioni concertistiche, la Serenata - di cui Mozart compose diversi esemplari (sull’esempio paterno che in questo campo fu ancor più prolifico) - è connessa alla presenza dell’Università a Salisburgo, perché simili “suite” orchestrali venivano abitualmente eseguite annualmente nel mese di agosto come Finalmusik dedicate alle cerimonie di laurea, facendo ricorso a un organico in larga parte accademico nel quale gli studenti, suonando, ringraziavano i loro professori. La consuetudine universitaria venne talora ripresa anche per occasioni di festeggiamenti privati e la celeberrima Serenata “Haffner” K 250 ne è un esempio. La Serenata - che consiste di un Allegro sinfonico in forma di rondò o di sonata, un paio di movimenti concertanti, un minuetto con trio, un adagio, un altro minuetto con uno o due trii e un finale Allegro, con una marcia ad aprire e chiudere il brano - è di per sé il caso più evidente di transito tra generi e funzioni, perché più di una volta quel che Mozart scrisse per una Serenata (a Salisburgo) venne poi da lui stesso trasformato in Sinfonia (a Vienna), quindi da musica d’occasione a repertorio concertistico. La Cassazione (termine usato prevalentemente in Germania meridionale, Austria e Boemia, derivante dall’espressione gassatim gehen, cioè “da suonare per strada”) è anch’esso un brano composito (usualmente con una marcia a incorniciare l’alternanza di movimenti in Allegro e Adagio e in Minuetto) ma destinato non solo all’esecuzione en plein air ma anche in orario serale.
La dialettica tra generi, fra l’altro, non percorre solo itinerari dall’“alto” al “basso” e viceversa ma anche diagonali che attraversano le culture e le etnie, come nel caso, frequentissimo a Vienna e in tutti i paesi tedeschi tra archi (occidentali) e percussioni (orientali), nel ricco e lussureggiante repertorio di musica con “turcherie” e altri echi militareschi che, cominciando col Rondò “alla turca” e col Ratto dal serraglio, continua con numerose opere di ambientazione esotica, sinfonie e marce turchesche, tali da condurci idealmente da Vienna a Istanbul (dove il musicista più influente non fu un turco ma un bergamasco: Giuseppe Donizetti, fratello del più celebre operista Gaetano).