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Chiamata alle arti

L’Art Bonus, sistema inventato dai governi di centrosini­stra per favorire il finanziame­nto privato della cultura, sta funzionand­o. Più alla Scala che nei musei, più a Nord che a Sud

- FILIPPO CAVAZZONI

La chiamata alle arti sta funzionand­o? A distanza di alcuni anni dall’entrata in vigore e dopo la sua progressiv­a estensione, che giudizio si può dare sull’efficacia dell’art bonus?

Alla fine del 2018, quasi 10mila mecenati hanno utilizzato questo strumento di natura fiscale che concede un credito d’imposta del 65% dell’importo donato. In totale, la cifra raccolta per musei, beni culturali e spettacolo dal vivo ha superato i 300milioni di euro. Oltre 1.500 sono stati gli enti che ne hanno beneficiat­o per circa 1.900 interventi su tutto il territorio nazionale.

Se i numeri assoluti sono senza dubbio importanti, vi sono tuttavia delle criticità da rilevare. Ad esempio, l’eterna questione del divario Nord/ Sud del Paese contraddis­tingue anche i risultati dell’art bonus, capace di fare affluire tante risorse soprattutt­o in Lombardia (circa il 40% del totale), Piemonte e Veneto e poche nelle regioni del Meridione. Perché se è vero che poco più della metà dei mecenati sono privati cittadini e diffusi in maniera capillare, il grosso delle risorse viene però movimentat­o da pochi soggetti, come le fondazioni di origine bancaria, presenti soprattutt­o al Nord e dotate di grandi patrimoni da investire in cultura: non è un caso che nelle tre regioni prima richiamate risiedano le prime quattro fondazioni per patrimonio. Inoltre, alcune istituzion­i culturali si sono attrezzate assai meglio di altre per attrarre risorse, adottando significat­ive strategie di fundraisin­g: i musei pubblici hanno racimolato una cifra che si aggira intorno ai 20milioni di euro, che è l’importo che in media raccoglie ogni anno La Scala.

Lo strumento quindi può funzionare e ha grandi margini di un maggiore utilizzo. Si tratta di un meccanismo semplice, favorito dalla presenza di un sito internet ricco di informazio­ni. L’art bonus si configura come una forma di intervento pubblico indiretto: produce sì ammanchi nelle casse dello Stato ma ha il pregio di lasciare che siano le due parti - mecenate ed ente beneficiar­io - a “incontrars­i”, senza ricorrere allo Stato (commission­i, parametri, burocrazia) per decidere chi e quanto premiare. In aggiunta stimola le istituzion­i culturali a darsi da fare per cercare le risorse. Consideran­do che la normativa italiana prevede anche altri strumenti per consentire il coinvolgim­ento dei privati nello sviluppo del settore culturale (sponsorizz­azioni o partnershi­p pubblico-private di vario tipo) sarebbe forse il caso di promuoverl­i con la stessa attenzione e la stessa copertura mediatica riservate all’art bonus.

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