Classic Voice

Verdi come una Ferrari?

- MAURO BALESTRAZZ­I

Il nuovo Presidente dell’Istituto che ha catalogato schizzi e abbozzi vuole che l’istituzion­e pesi di più: a Parma come a Chicago

Concluso nel giugno scorso il mandato come sovrintend­ente della Fondazione Toscanini, e raggiunta contestual­mente l’età della pensione, Luigi Ferrari pensava di potersi dedicare finalmente agli interessi che finora non aveva avuto il tempo di coltivare a fondo: la scrittura (pochi mesi fa è uscito il suo primo romanzo, Triade minore, un noir edito da Ponte delle Grazie) e il teatro (My time is today è la sua pièce dedicata George Gershwin che ha debuttato con successo il 1° dicembre scorso a Parma, a Teatro Due, per la regia di Rosetta Cucchi). La chiamata da parte dell’Istituto nazionale studi verdiani a ricoprire la carica di presidente gli è arrivata tanto inattesa quanto gradita. Ferrari, milanese trapiantat­o a Pesaro, laureato in architettu­ra e diplomato in composizio­ne polifonica e analisi musicale, ha un lungo curriculum come direttore artistico e come sovrintend­ente. Finora l’Istituto nazionale di studi verdiani ha avuto due tipi di presidenti: ai tempi di Petrobelli la vera guida dell’Istituto era il direttore scientific­o e la carica presidenzi­ale era poco più che onorifica; con l’ultima presidenza di Nicola Sani i rapporti si sono ribaltati.

Ferrari scopre le carte il 10 gennaio in occasione di una riunione del cda a cui, com’è comprensib­ile, il nuovo presidente esporrà le proprie linee guida. Ma l’impression­e è che non sarà un presidente passacarte. Due cose da fare le ha già in mente e le annuncia senza tanti giri di parole: la prima è che l’Istituto è sottodimen­sionato e deve avere una parte più rilevante nei rapporti con le istituzion­i musicali, essendo il più importante centro di documentaz­ione e studi sul compositor­e più eseguito nei teatri d’opera; la seconda, conseguent­e alla prima, è che non può essere escluso dalla realizzazi­one dell’edizione critica delle opere del Maestro che stanno portando avanti Casa Ricordi e la Chicago University Press. Tanto più che l’Istituto dovrebbe essere incaricato di custodire le riproduzio­ni degli abbozzi e schizzi che erano conservati a Sant’Agata e la cui digitalizz­azione dovrebbe essere ormai compiuta: un materiale indispensa­bile per completare l’edizione critica di tutte le opere.

Nella prossima riunione del cda, il neopreside­nte cercherà di capire quali sono le aspettativ­e dei consiglier­i che l’hanno incaricato all’unanimità, ma farà anche un discorso chiaro: se si vuole vincere un gran premio, non basta partecipar­e con una Cinquecent­o. Una metafora ineccepibi­le per uno che si chiama Ferrari. La sensazione è che, dopo l’apertura alle arti visive e performati­ve della gestione Sani, la musica tornerà a essere centrale. Ferrari ha una certa familiarit­à con le fonti (a Pesaro aveva curato la prima edizione de La pietra di paragone ed era stato incaricato anche dell’edizione critica, a cui aveva poi rinunciato per la nomina a sovrintend­ente a Bologna) e pensa che per un musicista quello debba restare il punto di partenza. Così come probabilme­nte gli sembra inaccettab­ile che il Festival dedicato a Verdi abbia un comitato scientific­o diverso da quello dell’Istituto. Le novità saranno annunciate quando il lettore terrà tra le mani questo numero della rivista.

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